Simone Santoleri con il padre Giuseppe

TERAMO / OMICIDIO DELLA PITTRICE

Simone Santoleri dal carcere chiede di parlare con il pm 

L’uomo accusato di aver ucciso la mamma in concorso con il padre scrive una lettera al magistrato: «Non è vero quello che i miei ex compagni di cella hanno detto di me».

TERAMO. Poche righe scritte dopo il Riesame e inviate al pm Enrica Medori per chiedere di parlare. Non dell’accusa di aver ucciso la mamma per cui è in carcere da due mesi, ma di quello che hanno detto di lui i suoi ex compagni di cella di Castrogno su una sua presunta ammissione in merito ad un coinvolgimento nei fatti. E poi, ancora, di come lo hanno raccontato la ex compagna e la sorella.

Enrica Medori, sostituto procuratore

Frammenti di vita che Simone Santoleri mette nero su bianco in una missiva arrivata nei giorni scorsi negli uffici del palazzo di giustizia teramano e che, molto probabilmente, saranno al centro dell’incontro in programma per lunedì prossimo nel penitenziario di Lanciano tra lui e il sostituto procuratore. E’ il colpo di scena che entra nelle indagini sull’omicidio della 64enne pittrice teatina Renata Rapposelli e per cui da due mesi Simone e il padre Giuseppe sono in carcere con l’accusa di concorso in omicidio e sottrazione di cadavere.
Gianluca Reitano, avvocato di Simone insieme al collega Gianluca Carradori, conferma la lettera e precisa: «L’ha scritta subito dopo il pronunciamento del tribunale del Riesame (che ha respinto il ricorso sulla scarcerazione (ndr) per ribadire la sua versione e sostenere come le accuse fatte nei suoi confronti da altri detenuti siano false». Davanti ai giudici del Riesame dell’Aquila la Procura teramana (dopo il passaggio degli atti da quella anconetana che si è dichiarata territorialmente incompetente) ha svelato nuove carte delle indagini, in particolare proprio con quelle intercettazioni ambientali tra Simone e altri detenuti nel carcere di Castrogno (prima del suo recente trasferimento nel penitenziario di Lanciano) in cui l’uomo lascerebbe intendere un suo coinvolgimento nell’omicidio. Parole che, per l’accusa, sono macigni ma che per Santoleri sarebbero solo falsità. «Un complotto» come lo ha più volte definito parlando con i legali.

Renata Rapposelli, la vittima

Secondo inquirenti e investigatori di due Procure, Giuseppe e Simone hanno ucciso la 64enne pittrice teatina il 9 ottobre dell’anno scorso quando lei si è recata nella loro abitazione giuliese dopo aver preso un treno da Ancona, la città in cui viveva dopo la separazione da Giuseppe. Lo hanno fatto in casa al termine di una lite scoppiata per questioni economiche, in un contesto familiare di rancore e odio. Poi i due, sempre secondo l’accusa, hanno chiuso il cadavere in una busta, lo hanno nascosto nella loro macchina per qualche giorno, coperto con un grosso scatolone e trasportato fino a Tolentino per liberarsene gettandolo in una scarpata sulle rive del fiume Chienti.
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