Teramo. veri arrosticini abruzzesi, ma con la carne polacca  

Operatore turistico manda i clienti in posti sicuri. Ma la fregatura è in agguato. Il presidente della Cia (agricoltori): «Manca una filiera regionale certificata» 

TERAMO. C’è la macelleria che si rifornisce dalla Spagna e quella che compra la materia prima dalla Polonia e così l’arrosticino tipico abruzzese comincia a puzzare di falso. Una fregatura non solo per gli abruzzesi ma anche per i turisti in cerca di “prodotti tipici”. Come dimostra l’episodio raccontato da Gianluca Grimi, titolare di alcun esercizi pubblici, ex assessore al commercio di Giulianova e componente della giunta provinciale di Confesercenti. «Nei giorni di partenza alcuni clienti mi hanno chiesto indicazioni per l’acquisto di prodotti veramente tipici, in particolar modo carne per arrosticini e formaggi. Conoscendo il settore e le problematiche croniche di filiera che lo affliggono, ho indicato i nomi di due negozi dove ero certo che avrebbero trovato prodotti locali. La risposta è stata disarmante. Il cliente, alla ricerca di carne abruzzese da una settimana, era già stato dai due commercianti raccomandati da me, scoprendo che uno compra la carne dalla Polonia mentre l’altro si rifornisce dalla Spagna. A parte la pessima figura personale, penso che abbiamo un problema serissimo. Non possiamo riempirci la bocca con la storia dei prodotti tipici senza poter contare su una filiera distributiva visibile e certificata. Non possiamo continuare a massificare il consumo di materie prime di qualità per poi mettere in commercio prodotti allevati addirittura fuori dall’Italia. Così si fa male all’immagine del territorio, al turismo e al futuro delle imprese». Il problema della falsa carne abruzzese viene confermato da Pasquale Cantoro della Confederazione italiana agricoltori di Teramo-L’Aquila: «È vero in Abruzzo manca una filiera di prodotti tipici certificati, ma sono già stati attivati i mercati contadini strutturati, due in provincia di Teramo e due in provincia dell’Aquila dove sono direttamente gli agricoltori a vendere i loro prodotti. Attraverso i Gal stiamo lavorando per moltiplicare queste attività dove il consumatore può acquistare direttamente dalle aziende agricole. Ma il vero problema è la difficoltà di mettere insieme le aziende, passo essenziale per la certificazione di qualità». A luglio la Regione ha pubblicato i bandi per la selezione dei progetti di cooperazione di macro e microfiliera che scadono a fine settembre. ma «per aveare i fondi», dice cantoro, «le imprese agricole devono consorziarsi e ad oggi non abbiamo neanche un'associazione costituita». Le associazioni di categoria sperano che il termine sia prorogato ma intanto il problema del consumatore che vuole avere certezze sulla provenienza dei prodotti tipici rimane sul tavolo. «Porterò all'attenzione della mia associazione», dice ancora Grimi, «l'organizzazione di un convegno regionale sul tema perché sono tante le domande che aspettano una risposta. Dove è l'enoteca provinciale di Teramo, ad esempio? Chi tutela e incentiva i produttori locali e li promuove?. Un turista che vuole scegliere una serie di prodotti tipici dove trova uno store completo, e chi lo certifica? Non possiamo pensare di convincere le persone a venire qui facendo migliaia di chilometri se non affrontiamo questi temi».
Mirella Lelli
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