Addio Ryanair a Pescara, tremano operatori e dipendenti dell'aeroporto: «Sarà una catastrofe»

Dall’immobiliare al bar, all’interno dello scalo pescarese sono tutti concordi: senza le rotte con il Nord Europa andiamo tutti a casa, è un brutto colpo

PESCARA. C’è un clima da catastrofe all’aeroporto d’Abruzzo dopo l’annuncio di Ryanair di chiudere la base di Pescara dal 27 ottobre e di tagliare cinque delle sette rotte europee.

Operatori di volo, dipendenti Saga, commercianti e perfino le forze dell’ordine che fanno servizio allo scalo pescarese (una ventina di finanzieri, una cinquantina di poliziotti, oltre a 16 vigili del fuoco per ogni turno e al personale del 118) stanno vivendo il momento con timore e incertezza.

«Dal 2010 lavoriamo esclusivamente con gli stranieri che arrivano qui con la Ryan», sottolinea Lucio Chiarella, titolare della Italian Case con ufficio all’interno dell’aeroporto, «ma gli stranieri investono solo se ci sono collegamenti diretti. Da dieci anni abbiamo fatto la scelta di curare il mercato estero e ora ci sta dando risultati positivi grazie anche al dollaro e alla sterlina che stanno salendo. Oltretutto da quando alcune testate americane hanno pubblicato la notizia che l’Abruzzo è tra i primi dieci posti al mondo dove trascorrere il periodo della pensione abbiamo avuto riscontri notevoli. Ma se interrompono i collegamenti diretti, soprattutto con il Nord Europa, finisce tutto. Ed è inutile che lascino i voli per Romania o Bulgaria, quelli servono solo per le badanti. Se va via la Ryan è una tragedia per tutto l’Abruzzo, perché questo aeroporto aiuta l’economia di tutta la regione».

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«Se la Ryan ci lascia è una catastrofe», sentenzia Ettore Flacco che dall’ottobre 2014 ha aperto il punto vendita di Campagna Amica Coldiretti nell’aerostazione. «Per noi sono vitali le rotte per Londra, il Belgio, la Germania, se ci tolgono queste è la fine, considerando che già si fa fatica soprattutto nei mesi invernali». Teme per il posto di lavoro Enrico Vitale, barista per D’Angelo nello scalo pescarese: «Se non ci saranno delle alternative a Ryanair si rischia il taglio dei posti di lavoro, perchè l’aeroporto diventa davvero una cattedrale del deserto. Restano i voli Alitalia per Milano e Roma, ma pure se mantengono Tirana, e c’è Catania che non è neanche pubblicizzata, perdiamo tutti i passeggeri e tutto il traffico di gente che viene a prendere l’aereo qui anche dal Foggiano e da Ascoli».

Ancora più preoccupati sono i dipendenti Saga, ma tra loro, chi accetta di parlare, lo fa in cambio dell’anonimato: «Lavoro per la Saga dalla fine degli anni Ottanta», dichiara uno dei 40 dipendenti tra amministrazione, biglietteria, traffico aereo, servizi rampa e operativo, «è chiaro che ora c’è l’incognita su che fine faremo. Dicono che restiamo, ma a fare che cosa, se non ci sono gli aerei? Perché chi è poi tra le compagnie low cost che viene a costo zero al posto di Ryanair? Questa è una partita che si sta giocando ai tavoli alti, e riguarda disegni politici che vanno oltre. Altrimenti perché l’unico aeroporto salvato è quello di Ancona?».

«Quello che deve cambiare», gli fa eco un collega, «è la visione dell’aeroporto, che non è un fabbrica, ma offre servizi, come ai tantissimi pensionati che arrivano con il volo da Charleroi per tornare ai loro paesi di origine in Abruzzo e in Molise. Ma la Regione deve capire che cosa vuole fare dell’Abruzzo». Cambio di rotta e anche di vita, pure per il personale Ryan che fa base lavora all’aeroporto d’Abruzzo. Circa 45 persone tra piloti e assistenti volo, per la maggior parte pescaresi e abruzzesi, con stranieri che a loro volta si sono sposati e stabiliti comunque qui. «Siamo quasi tutti abruzzesi», spiega chiedendo l’anonimato uno di loro, «ma ci sono anche olandesi, inglesi, un irlandese, tutte persone che si sono stabilite nel Pescarese, che stanno pagando mutui, che hanno famiglia e che adesso, su richiesta della compagnia, dovranno dare la preferenza per una nuova sede. In molti stanno optando per Roma, ma c’è anche chi ha scelto l’estero. La verità è che la compagnia ci sta tutelando, ma la politica no. In Puglia il governatore ha fatto il suo lavoro, ha sbattuto i pugni sul tavolo sapendo che Ryanair è un vettore importante per loro e ha rifirmato l’accordo salvando gli scali di Bari e Brindisi. In Abruzzo no, anche se in cinque anni abbiamo portato i passeggeri da 175mila a 600mila».

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