l'operazione

Banche, ancora tre giorni per salvare la Tercas

Il Fondo interbancario per la tutela dei depositi è intervenuto con un contributo obbligatorio che però adesso la Banca popolare di Bari deve trasformare in volontario. Ma mancano 300 milioni di euro...

TERAMO. Ancora tre giorni e 300 milioni di euro per salvare la Tercas. Ne ha parlato l'altro ieri il Corriere della Sera attraverso un articolo di Michelangelo Borrillo; ne stanno parlando da giorni al Fondo interbancario di tutela dei depositi presieduto da Salvatore Maccarone. Ai quattro istituti di credito ai quali lo scorso 22 novembre è stato evitato il crac — Banca Marche, Banca popolare dell’Etruria e del Lazio, Cassa di risparmio di Ferrara e CariChieti — se ne deve infatti aggiungere un quinto, la Banca Tercas di Teramo (che controlla la pescarese Caripe). L’istituto abruzzese, anch’esso commissariato (dal maggio 2012 con commissario Riccardo Sora, poi dirottato su CariChieti), non si è aggiunto alle quattro banche solo perché nel luglio del 2014 venne salvato dalla Banca popolare di Bari. Che, però, per quel salvataggio è intervenuta anche grazie a circa 300 milioni del Fondo Interbancario, che rappresentavano un contributo obbligatorio del sistema bancario che adesso deve essere trasformato in volontario per evitare che Bruxelles lo consideri "aiuto di Stato".
Il "braccio" volontario si sarebbe dovuto costituire entro il 10 dicembre. Ma a quella data era stato raggiunto poco più del 50% delle adesioni. Manca ancora la parte da "restituire" al Fondo interbancario (300 milioni di euro) per salvare la Tercas e, soprattutto, i clienti di Tercas e Caripe che hanno acquistato le obbligazioni dalla banca. «La scadenza è stata prorogata alla fine della prossima settimana — ha detto Maccarone al Corsera — per consentire alle banche i passaggi necessari nei consigli di amministrazione nei tempi programmati». Maccarone è ottimista: l'operazione andrà in porto. Ma, sottolinea l'articolo del Corsera, occorrerà che si verifichino due condizioni. "Da una parte lo schema volontario può costituirsi se aderisce il 90% delle banche consorziate aventi depositi protetti, rappresentanti almeno il 95% del totale degli stessi depositi; dall’altra che ci sia la certezza del trattamento fiscale del meccanismo volontario e che ne garantisca la sostanziale neutralità rispetto al sistema obbligatorio attraverso un intervento normativo che preveda la deducibilità fiscale dei costi connessi alle contribuzioni, agli interventi e al funzionamento dello schema volontario. E il trattamento fiscale dei contributi volontari è previsto in un emendamento della legge di Stabilità presentato venerdì scorso. In tal modo l’intervento del sistema bancario non comporterà oneri aggiuntivi, perché i fondi sono stati già versati, e si tratterà di completare una «partita di giro»: restituzione al fondo obbligatorio dell’importo ricevuto e riattribuzione volontaria a Tercas. Salvaguardando così anche la Popolare di Bari dal rischio di perdere i 300 milioni ottenuti un anno e mezzo fa dal Fondo Interbancario di tutela dei depositi".
Necessario insomma trasformare l’intervento da obbligatorio a volontario per portare a compimento il salvataggio di Tercas, istituto da circa 3 miliardi di raccolta e impieghi destinato a integrarsi nel gruppo della Popolare di Bari da 14 miliardi di impieghi e 400 sportelli complessivi. Per la Banca Popolare di Bari — istituto guidato dal presidente Marco Jacobini, figlio di Luigi (fondatore, nel ’49, della Cassa di Risparmio di Puglia e, nel ’60, della Popolare di Bari) — si tratta della ventesima acquisizione dal 1989. Una crescita che ha fatto rientrare la Popolare di Bari — unica al Sud — tra i dieci istituti con attivi superiori a 8 miliardi soggetti alla riforma decisa dal governo Renzi che prevede la trasformazione in società per azioni e l’abolizione del voto capitario. Adesso, però, c’è da chiudere il capitolo Tercas.