«Caro sindaco ci hai deluso»

Indignati due medici cui il sisma ha tolto gli affetti più cari

L’AQUILA. In una accorata lettera al sindaco due giovani medici, Massimo Cinque e Vincenzo Vittorini, cui il terremoto ha tolto l’affetto delle mogli e dei loro bambini, mostrano indignazione.

INDIGNAZIONE. «Caro Massimo» scrivono i due medici «a un anno da quella notte sentiamo il bisogno di scriverti una lettera aperta dopo l’ennesima delusione per non dire indignazione. Ti scriviamo da colleghi e da amici, delusi. Bada bene, quello che riportiamo è al di sopra della polemica politica che impera; è al di sopra del gioco delle parti; è al di sopra dei colori politici. In un dramma non ci devono essere divisioni ma unità di intenti per cercare di uscirne.

Tu sei il nostro primo cittadino. Noi,colpiti negli affetti più cari,dopo aver perso tutto,sentiamo di farti notare problematiche alle quali il primo cittadino avrebbe dovuto dare massima attenzione. Invece ciò non è stato!! Perciò non ci sentiamo rappresentati da te né dall’intero schieramento politico».

LUTTO CITTADINO. «Prima di tutto» dicono i medici «l’ordinanza sulla istituzione del lutto cittadino doveva essere meglio articolata. Non si può lasciare alla libera iniziativa la gestione di una giornata di lutto che rimarrà per sempre per tutti noi. I 308 martiri meritavano più rispetto. Ed allora L’Aquila si doveva fermare: per ricordare e per riflettere. Come si fa per la ricorrenza del Patrono e come si fa per la altre ricorrenze. Purtroppo quello che è accaduto,e forse non doveva accadere,è storia,nostro malgrado.

«NON UNO SGUARDO». «In secondo luogo,durante la messa in suffragio delle vittime» dicono «non uno sguardo,non un cenno,non una pacca sulla spalla verso i familiari né da te né dal capo della Protezione civile,al contrario delle altre autorità presenti!! Che orrore!! Forse le vittime pesano sulle coscienze di molti,come i loro familiari. Del resto,in terzo luogo,per i familiari delle Vittime fin dall inizio nessuna accortezza;non un aiuto,non un conforto,non una telefonata. Dal primo cittadino ci si doveva attendere altro».

PORTA A PORTA. «E cosa dire», è scritto nel documento, «dell’ultima partecipazione alla trasmissione Porta a Porta: su tre ore di diretta solo minimi interventi,e titubanti. Ripetiamo, ben altro un sindaco ed anche un governatore dovevano dare. Usare gli artigli,dimostrarsi leoni,veri condottieri di un popolo da risollevare da una tragedia infinita. Ed invece niente. Come il silenzio più assordante sul mancato allarme. E una città,un intera comunità ad essere stata fuorviata. Ed allora tu,come nostro rappresentante,almeno una parola potevi dirla.

Sempre durante Porta a Porta,non una parola a favore della tua gente in diretta dall’Aquila,dalla nostra piazza; quasi desse fastidio la loro presenza in collegamento. Eppure un ragazzo aveva posto domande con signorilità senza mancare di rispetto a nessuno. Nessuna risposta lo stesso. Che brutta figura per l’Italia tutta. E che brutta sensazione,da aquilani feriti che hanno perso tutto in 30 secondi ma non la dignità,per il futuro. Nuvole nere,mancanza di idee.

Ebbene ora basta. C’ è bisogno di più rispetto e di un cambio di marcia per risollevare una comunità. C è bisogno di combattere,di lottare,sempre con le buone maniere,con dignità,però di lottare. Altrimenti è la fine. Ed allora combatti,come primo cittadino». Scusaci lo sfogo. Ma noi,dopo aver perso tutto,non vorremmo che la gente perda tutto come noi. Solo la dignità è intatta».

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