CORONAVIRUS ABRUZZO

Da pensionati a "riservisti": 500 medici, infermieri e operatori pronti a tornare

Lettera al presidente della giunta regionale: "Disponibili a dare una mano negli ospedali, basta che ci date i dispositivi di protezione"

PESCARA. Un gruppo di oltre 500 medici, infermieri e operatori socio-sanitari abruzzesi in pensione si rende disponibile a scendere in campo nella battaglia contro il Covid-19, nelle strutture ospedaliere di Abruzzo e Molise, fornendo il proprio contributo a carattere puramente volontario. A renderlo noto sono il professor Raffaele Tenaglia, ex primario di Urologia all'ospedale di Pescara, e il dottor Walter Palumbo, in una lettera indirizzata al presidente della giunta regionale abruzzese Marco Marsilio.

«Abbiamo deciso di chiamarci "i riservisti" - spiega il gruppo di operatori sanitari - perché nel passato, in periodo di guerra, e questa lotta contro il Coronavirus è una guerra, il Paese per aumentare la sua forza combattiva richiamava in servizio coloro i quali avevano lasciato il servizio militare attivo».

Tenaglia e Palumbo fanno sapere che il gruppo, «formato per lo più da pensionati abituati a vivere in ospedale, in sala operatoria e in rianimazione, ha deciso di organizzare una task force volta a condividere un percorso comune per dare una mano a coloro che in questo momento di emergenza sanitaria sono in prima linea negli ospedali della nostra Regione». In particolare il personale sanitario in pensione intende fornire il proprio contributo «selezionando e assistendo i nuovi operatori».

I due medici rilevano che «in questo modo si creerebbero sostituti per i rianimatori» e osservano che «cominciare a fare delle prove di preparazione sarebbe opportuno e potrebbe rivelarsi determinante per affrontare questa terribile fase».

Tenaglia e Palumbo evidenziano poi «la necessità di aprire nuovi spazi, in particolare un reparto con almeno 50 posti di intensiva, sub-intensiva e medicina generale» e chiedono a Marsilio «di utilizzare queste competenze e di far presto a trovare le soluzioni logistiche per l'aumento dei posti letto, specialmente per la terapia intensiva». L'unica condizione posta dal gruppo di operatori sanitari è legata alla dotazione «dei necessari dispositivi di protezione».