Discarica di BussiTumori, il dossier che non dà risposte

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BUSSI SUL TIRINO. Otto miliardi e mezzo di euro: ha un valore pari a quello della manovra finanziaria 2010 (nove miliardi) la stima dei danni causati alle acque dei fiumi Tirino e Pescara dalla contaminazione che avrebbe avuto origine dalla discarica dei veleni. La valutazione è contenuta in un documento commissionato all’Ispra dal ministero dell’Ambiente: un dossier che, da ieri, è inserito negli atti del processo per il disastro di Bussi sul Tirino.

A consegnare al gip Luca De Ninis la relazione dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, nel corso della quinta udienza preliminare, è stato Alfio Valsecchi, legale della Solvay S.A. e della Solvay Chimica Bussi, che assieme alla Solvay Solexis si sono costituite parti civili nel procedimento che vede indagate 27 persone. Il documento è contenuto in un decreto direttoriale del ministero dell’Ambiente del 17 febbraio

LE FALDE INQUINATE
Per i tecnici, «la compromissione ambientale delle falde che alimentano i due fiumi è stata accertata dal Pmip di Pescara fin dal 1997, benché l’inizio della contaminazione risalga all’inizio dell’esercizio delle discariche». Poiché la portata d’acqua dei fiumi (l’habitat da ricostruire) in dodici anni sarebbe stata pari a 8,5 miliardi di metri cubi, assumendo un costo di un euro a metro cubo, per l’Ispra il valore del risarcimento è pari a 8,5 miliardi di euro. Ma questa sarebbe «una sola delle voci che costituiscono la “riparazione compensativa”. Altri 630 milioni di euro - il risarcimento già chiesto dallo Stato - sarebbero necessari per il danno ai terreni, mentre il risarcimento per la perdita della funzione potabile delle acque, quantomeno nel periodo successivo al 2002, sarebbe stimato in 14 milioni di euro l’anno. Resta da accertare ancora il danno alle acque sotterranee. Il totale, dunque, sarebbe superiore ai 9 miliardi.

BATTAGLIA IN AULA
Con l’annuncio di queste cifre da capogiro, presente il pm Anna Rita Mantini, si è aperta ieri nell’aula 6 del tribunale l’udienza riservata alle repliche degli avvocati delle parti civili che, nel corso di una seduta fiume durata otto ore, hanno respinto le contestazioni della difesa degli imputati: il 25 febbraio, infatti, era stata chiesta l’esclusione di tutte le parti civili, a eccezione del ministero dell’Ambiente e del Wwf. «La Regione è legittimata, perché per anni sono state avvelenate le acque somministrate ai cittadini, con una gravissima compromissione della salute pubblica» ha detto l’avvocato dello Stato Giovanni Palatiello, mentre l’avvocato Lino Sciambra, in rappresentanza dei Comuni, ha ricordato che il Codice dell’Ambiente «contiene una norma di salvaguardia per i danni che si sono verificati in data antecedente all’aprile 2006». Non solo: una sentenza della Cassazione dell’ottobre 2009, ha ricordato l’avvocato Ernesto Torino Rodriguez, legale della Provincia, «legittima gli enti territoriali nei procedimenti che hanno come oggetto tematiche ambientali». Allo stesso modo, hanno sottolineato per il Wwf Fabio De Massis e Tommaso Navarra, «la giurisprudenza riconosce da un ventennio alle associazioni ambientaliste il diritto di tutelare nel processo penale gli scopi statuari».

DECISIONE IN APRILE
Il gip annuncerà lunedì 12 aprile chi tra enti, associazioni e cittadini sarà ammesso al processo. La data è stata anticipata rispetto a quella già in calendario, il 15 aprile, per consentire all’avvocato Giulia Bongiorno, presidente della commissione Giustizia della Camera e difensore dei big dell’Aca, Giovanni Di Bartolomeo e l’ex presidente Bruno Catena, di essere presente in aula. Bongiorno potrebbe avanzare richiesta di incidente probatorio (una fase di anticipazione del processo) per stabilire se esista un nesso tra l’inquinamento dei pozzi e la discarica. Di certo, se fosse accolta, la richiesta rallenterebbe la messa in sicurezza dell’area inquinata, che modificherebbe lo stato dei luoghi.

A rallentare invece il processo sarà quasi certamente la richiesta avanzata ieri, per la difesa, dagli avvocati Tullio Padovani e Augusto La Morgia, che hanno chiesto di avere accesso a tutti i documenti sequestrati dalla procura nello stabilimento di Spinetta Marengo, custoditi in 60 scatoloni e solo in parte digitalizzati. In quattro mesi, sarebbe stato fotocopiato meno della metà del materiale. È probabile, dunque, che dopo il 12 aprile, le udienze subiscano uno slittamento.

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