La Brioni francese piace al sindacato"Ci aspettiamo un rilancio dell'attività"

Le reazioni all’aquisto dell’azienda di Penne da parte del gruppo Ppr di Pinault

PESCARA. A Penne, nel cuore della produzione Brioni, si segue con attenzione l'evolversi della trattativa per la cessione della storica azienda di confezioni al gruppo francese Ppr. Ieri tutti i principali organi di stampa hanno rilanciato la notizia della firma del contratto preliminare di acquisto per 350 milioni di euro della griffe leader nel segmento del formale uomo. Silenzio, ma neanche smentite, dai protagonisti: gli azionisti Brioni da un lato e la Ppr, in trattativa da almeno nove mesi. Conquistando Brioni, raccontava ieri Milano Finanza, Francois-Henri Pinault ha battuto il primo competitor, la francese Lvmh, disposta ad entrare in Brioni anche in quota di minoranza. Ma ha battuto anche la Ermenegildo Zegna e alcuni fondi come Clessidra o 21 Investimenti.

La holding francese, che venerdì ha annunciato una semestrale con una crescita del 16% dell'utile, arrivato a 450 milioni (nel 2010 il fatturato è stato di 14 miliardi di euro), sembra più affine alla storia e alla tradizione della griffe abruzzese.

Pinault ha l'immagine del manager con una passione per l'ambiente e lo sviluppo sostenibile (al quale è dedicata una quota fissa dei dividendi). Nel cda del suo gruppo dei 12 consiglieri quattro sono donne. Ma soprattutto Pinault ha la particolarità di rispettare il know-how delle maestranze e dei manager delle nuove acquisizioni.

Così Ppr si è comportata con Gucci e con Bottega Veneta, che è passata da un fatturato di 35 milioni di euro nel 2001 a 511 l'anno scorso.

Domenico Ronca, segretario provinciale della Filt-Cgil di Pescara vede con favore il passaggio di mano della proprietà. «La possibilità di investimento non è certo un fatto negativo, e il passaporto di chi fa profitti non ci interessa. La Brioni è un prodotto di nicchia, una enorme sartoria la cui unicità va mantenuta. Se c'è attenzione per il Made in Italy e per l'investimento su un prodotto locale, mantendendo la professionalità dei lavoratori, la cosa ci sta bene. Ci aspettiamo anche da parte della nuova dirigenza attenzione a un rilancio dell'occupazione e alla penetrazione di nuovi mercati».

Il sindacato sta aspettando una risposta alla richiesta di incontro. «Siamo fiduciosi di mantenere la strategia concordata anche con l'Unione industriale sullo sviluppo del polo della moda», dice Ronca.

Quello che Ronca sottolinea è però «la debolezza istituzionale del territorio. C'è una regione che non governa i processi economici. Ed è del tutto evidente che se il rilancio del polo dell'alta moda ha questi ritardi non dipende che dalla debolezza istituzionale della regione».

Oggi la Brioni conta nel mondo su 34 negozi diretti e 41 negozi in franchising, capaci di generare un fatutrato di 190 milioni con ottima penetrazione nei mercati di Usa, Russia e Cina.

Le maestranze sono circa 1300, distribuite tra Penne, sede storica dell'azienda, dove ha sede anche la fondazione Fonticoli, e dove lavorano 1000 addetti alla produzione degli abiti maschili; a Collecorvino sono 100 impegnati nella linea donna); a Montebello 160 nel settore Sportwear e camiceria, infine venti addetti a Civitella Casanova nella produzione di maglieria.

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