«La Sevel non farà la fine di Mirafiori»

17 Febbraio 2011

Dal palco del Kursaal la Camusso annuncia una stagione di lotta e manifestazioni

GIULIANOVA. Susanna Camusso a tutto tondo. Con un linguaggio schietto ed essenziale la numero uno della Cgil dal palco del Kursaal di Giulianova ha «ragionato sulla situazione del Paese» davanti a una sala strapiena. Il segretario nazionale della Cgil, a Giulianova per un convengno sul sindacalista Pasquale Di Massimantonio, per quasi un'ora ha tracciato un quadro - a tratti impietoso e inquietante - dell'attuale situazione istituzionale. A partire dalla manifestazione di domenica scorsa «trasversale, fatta da cittadini che si sentono derisi e che pensano che la misura è colma».

BERLUSCONI. Da qui il primo della decina di riferimenti a Berlusconi. «Il nostro Paese non merita di essere rappresentato da un presidente del Consiglio imputato per reati di questo genere (cioè l'affaire Ruby, ndr). Un Paese democratico è un Paese in cui la giustizia è uguale per tutti, per gli elettori come per gli eletti. Noi siamo in un Paese immobile che dovrebbe interloquire col resto del mondo, ma è esposto invece al suo ludibrio. A un amministratore delegato (Marchionne, ndr) che ritiene fondamentale eliminare una pausa di 10 minuti vorrei chiedere quanti soldi hanno fatto perdere le pagine dei giornali all'estero sugli ultimi fatti di Berlusconi». Il segretario intravede la possibilità di un grande conflitto istituzionale: «dobbiamo fare attenzione su quel che accade nelle prossime ore, affinchè la crisi di un impero non causi il travolgimento delle istituzioni democratiche».

GLI INTERLOCUTORI. L'appello è alla classe dirigente: «è ora che si assuma la responsabilità di dire "Così non si va da nessuna parte". E' ora di battere un colpo: non si può continuare a non litigare col Manovratore perchè sennò non ci darà risposte. Tanto in 34 mesi di governo non ci sono state risposte». Più volte si è rivolta a Cisl e Uil e a Confindustria: «Le scorciatorie non funzionano, nè per le ragazze nè in politica economica. Visto che non c'è una politica industriale tutto si scarica sui lavoratori. Negare il diritto allo sciopero (riferimento all'accordo di Mirafiori, ndr), è questa l'idea di modernità?». E ancora: «dov'è finita la funzione delle parti sociali nella crescita? Dappertutto facciamo accordi: perchè a livello nazionale non è possibile?».

E poi di nuovo sul berlusconismo «che è un prodotto dell'individualismo, in cui si creano nemici per non risolvere i problemi». E «sulla politica degli annunci». «Voi ne sapete qualcosa: dei tanti annunci per la ricostruzione all'Aquila. Mi insegnate voi quanto non è successo».

I GIOVANI. Una lunga riflessione è stata dedicata ai giovani «che ci lanciano un messaggio preoccupante: per noi non c'è futuro. Cresce l'area che pensa che a questo punto è inutile studiare o che l'unica possibilità è andarsene dal nostro Paese. E' o non è emergenza, questa? Il berlusconismo ci costringe a stare nel presente, e ora i ragazzi pensano di non avere futuro». Ci vuole un piano interamente dedicato a loro: «d'altronde Cina, Brasile, India non producono solo a basso costo, ma producono anche istruzione. La Germania ha investito un mare di soldi in ricerca e istruzione. Noi no». In chiusura, l'affondo: «Noi continueremo, ostinati, nel dire che bisogna avere un'idea diversa di percorso di crescita. Non rinunceremo: la via è ripartire da economia e occupazione. E lo faremo con la lotta, con le manifestazioni e le campagne».

LA SEVEL. A margine del convegno impossibile non chiedere a Susanna Camusso un giudizio sulla situazione alla Sevel. «Non creiamo una mitizzazione: la Sevel non ha problemi produttivi, anzi». Ritiene che, almeno per ora, non rischi di seguire la strada di Mirafiori e Pomigliano. Il segretario segue da vicino le trattative in corso nello stabilimento di Atessa dei gruppi Fiat e Psa: «è in corso un confronto, spero positivo, e non condizionato da quel che accade altrove». Sulla richiesta dell'azienda di inserire in un accordo con i sindacati la cosidetta "clausola di esigibilità", cioè una limitazione del diritto di sciopero, e sul dinego opposto da tutti i sindacati tranne la Fismic, commenta: «I delegati si rendono conto che non si può continuare a perpetrare quel modello, peraltro in una realtà che funziona». Camusso fa un accenno all'impostazione della gestione Marchionne della Fiat che «punta a un pesante ritorno agli anni Cinquanta - esperienza peraltro fallita - e a un'idea autoritaria della presenza dell'azienda».

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