La sfida di don Max ai politici

"Vengo a prendervi in pullmino, vi farò vedere lo scempio di Fontanelle"

PESCARA. «Dove vogliamo abitare? E’ questa la domanda che ci siamo posti una sera: vogliamo abitare in case popolari che sono sinonimo di degrado oppure trasformare questo rione in un residence decoroso? Così, ci siamo rimboccati le maniche».

Nello Raspa
, 55 anni, Gianfranco Nobilio, dipendente di Attiva di 63 anni, Croce Naccarella, pensionato di 77 anni, sono i tre alfieri di via Caduti per Servizio nel quartiere Fontanelle: un agglomerato di case, 510 appartamenti - comunali, quelli tinteggiati di arancione e Ater quelli grigi - con siepi curate, giardini con voliere, piante negli androni dei palazzi, verde che viene irrigato grazie a 1.300 metri di tubazione pagata e realizzata dai residenti. «Ma è tutta opera nostra», racconta Raspa che ha fondato l’associazione Insieme per Fontanelle di cui è presidente, mentre Nobilio è vice presidente. «Siamo stati noi a rendere vivibile questo posto perché, per il resto, siamo come Ulisse: nessuno, abbandonati da tutti. Non abbiamo alcun servizio, neanche una farmacia, i palazzi sono rovinati, le porte vengono rotte in continuazione, c’è sporcizia, cumuli di siringhe. Viviamo come ostaggi di 20 famiglie, solo venti su 500, che spacciano, non hanno regole, fanno corse con le macchine e ascoltano musica a tutto volume: la domenica non si può dormire, la sera non usciamo mai».

Via Caduti per Servizio è il nome della grande area che racchiude le case popolari. Fino a due anni fa la via non era neanche nello stradario e, i residenti, per provocazione, scrissero una lettera al Comune di Pescara e a quello di San Giovani Teatino: «Chi vuole adottarci?». Adesso, a due anni di distanza questo manipolo di pensionati che ha come faro don Massimiliano De Luca, il parroco di San Pietro Martire, la chiesa di Fontanelle ha inviato un’altra lettera agli amministratori. «Caro sindaco Luigi Albore Mascia», ha scritto don Max al sindaco e a tutti i consiglieri, «venga a vedere come sono costretti a vivere i miei parrocchiani in una situazione di degrado nata da malavitosi che abitano nelle vostre case. Venga qui a vedere insieme alla sua giunta. Vi metterò a disposizione il mio pullmino per codesto evento».

Un pullmino rosso e giallo con cui il parroco e i rappresentanti dell’associazione vorrebbero portare a spasso gli amministratori, facendo vedere loro i contrasti del rione. La faccia dignitosa realizzata dalla laboriosità di Raspa, Nabilio, Naccarella e altri, diventati giardinieri, operai e factotum dei più anziani, che sono il 75 per cento. E la faccia putrida, di uno scheletro diventato ritrovo di drogati, delle macchine che per gioco sfrecciano a 150 all’ora, dei segni delle gomme lasciate a terra, del giardinetto comunale abbandonato, di case e anche balconi abusivi.

Di giorno, i pensionati attraversano la strada dove le auto fanno le corse, e si avventurano in uno scheletro che, secondo una delle tante promesse, a quest’ora doveva essere una palestra polivalente. «Avevano stanziato 800 mila euro, fondi che poi hanno trasferito ai Gesuiti per i Giochi del Mediterraneo», dice Raspa. Tra le colonne delle scheletro, accanto alle erbacce, ci sono angoli con materassi, rifiuti e mucchi di siringhe. Da quelle parti, come raccontano i residenti, sono passati l’ex asssessore Gianni Teodoro, il presidente del quartiere Porta Nuova, Piernicola Teodoro e l’assessore Isabella Del Trecco. «State tranquilli», gli hanno sempre detto. Al sindaco invitato in gita dal parroco e dall’associazione, chiederebbero: «La palestra polivalente, il rondò all’incrocio con via Tirino, la presenza fissa dei vigili e di qualcuno che curi il verde. E poi che i locali nuovi e con l’aria condizionata abbandonati da anni e dati a un’associazione che non ha mai fatto nulla, vengano assegnati a noi. Sindaco, forse lei non sa dov’è Fontatelle, ma la veniamo a prendere».

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