Le grandi inchieste a rischio black-out

Con la riforma Alfano in vigore oscurate persino le motivazioni degli arresti eccellenti


PESCARA. È mercoledì 12 maggio, a Pescara si apre l'udienza preliminare sullo scandalo della Sanità. L'ex governatore Ottaviano Del Turco viene assalito da giornalisti e cameramen prima del suo ingresso in aula e racconta ai cronisti la sua verità sull'inchiesta.

L'imputato parla, la stampa è libera di raccontare, utilizzando il contenuto degli atti che, con l'ordinanza di custodia cautelare o con l'avviso di conclusione delle indagini, sono usciti dall'oscurità del segreto. Ma se la legge sulle intercettazioni in esame al Senato fosse già stata in vigore, nessuno avrebbe saputo perché il 14 luglio del 2008 il presidente della Regione era stato arrestato. Nessun giornale avrebbe potuto scriverlo, nessuna televisione spiegarlo.

Vietato pubblicare intercettazioni, ma vietato anche rivelare il contenuto degli atti di indagine, anche se non più segreti, sino alla fine dell'udienza preliminare. L'indagine che ha sconvolto la politica sarebbe rimasta sepolta dentro i faldoni, in procura: nulla, neppure un banale riassunto, avrebbe potuto spiegare ai cittadini che il rappresentante della più importante istituzione regionale era finito in carcere con l'accusa, certo da provare, di avere intascato tangenti dal re delle cliniche private Vincenzo Angelini. Accuse che, con lui e la sua amministrazione, investivano la giunta di centrodestra che l'aveva preceduta.

Tantomeno avrebbe potuto essere stata convocata la conferenza stampa con cui quel giorno il procuratore capo Nicola Trifuoggi spiegò perché l'Abruzzo non avesse più un governo. Dal 14 luglio del 2008, su quella vicenda sarebbe calato il sipario. Per anni. Sino alla conclusione dell'udienza preliminare e, dunque, sino all'eventuale rinvio a giudizio degli indagati, oggi ancora lontano. Di certo, secondo una interpretazione più edulcorata, sino alla conclusione delle indagini, che con Sanitopoli arriva nel novembre 2009, ovvero sedici mesi dopo il blitz.

Dentro il disegno di legge firmato dal ministro Angelino Alfano si nasconde il meccanismo che, assieme alla stretta sulle intercettazioni - determinanti in quasi tutte le grandi inchieste abruzzesi - e sulle indagini di polizia, impedirà ai cittadini di conoscere e di capire. Per esempio che cosa ha portato davanti al giudice dell'udienza preliminare i 103 imputati (64 persone e 39 aziende) dell'inchiesta Fira, che ruota attorno alla maxi truffa da 16 milioni alla Regione, un raggiro su cui si alzò il velo con un sequestro di incartamenti a Bomba (Chieti), dove furono scoperte una serie di imprese fantasma. Il 27 ottobre 2006 l'arresto dell'allora già ex presidente della Fira Giancarlo Masciarelli: il processo non è ancora iniziato ed è in corso l'udienza preliminare. Per quattro anni, il rischio del silenzio.

C'è poi l'inchiesta Ciclone. Secondo la procura di Pescara, a Montesilvano, dal 2001 al 2007, una rete di corruttele e concussioni avrebbe inquinato il Comune: 34 persone per cui la procura ha chiesto il processo. Il giudice potrebbe decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio il prossimo 25 giugno, a più di tre anni anni dagli arresti che il 15 novembre 2006 misero fine alla giunta di Enzo Cantagallo. Con la riforma, tre anni di black out. E in più la beffa: le voci insistenti in città dopo le perquisizioni nelle case degli indagati e in Comune, e nessun elemento per capire.

In questo buco nero di informazione, sarebbero cadute tutte le inchieste che in questi anni hanno cambiato la politica e sconvolto le comunità. Quella sui presunti appalti pilotati che il 15 dicembre 2008 ha portato all'arresto dell'ex sindaco di Pescara Luciano D'Alfonso, per esempio, che come altre venne preceduta non solo da avvisi di garanzia (come pure un'altra inchiesta-chiave, quella sull'urbanistica, partita nel 2006 e chiusa solo nel gennaio scorso, quattro anni dopo), ma anche da una serie di perquisizioni in Comune, che avrebbero potuto essere solo registrate come dato di cronaca, ma senza che potessero essere spiegate. Se il divieto si limitasse alla conclusione delle indagini, il velo su Housework sarebbe caduto pochi mesi dopo, marzo 2009. Ma se si dovesse aspettare l'eventuale rinvio a giudizio, ammesso che si decida entro il 2010, si arriverebbe a contare due anni.

Come per avere notizie dell'inchiesta sulla maxi-discarica di Bussi, cinquant'anni di rifiuti chimici sepolti a Bussi sul Tirino, di cui si sarebbero conosciuti solo i sequestri eseguiti dalla Forestale nei siti contaminati nel 2007, in un'inchiesta aperta un anno prima, una vicenda gravissima soprattutto per l'ipotesi dell'avvelenamento delle acque che portò alla chiusura dei pozzi. L'udienza preliminare è in corso.

In un elenco interminabile di omissioni obbligatorie a cui la stampa sarebbe costretta, allora, cosa sarebbe possibile conoscere oggi?

In questo momento, sono pochi i procedimenti arrivati al rinvio a giudizio. A Pescara, quello per il concorso dell'ex braccio destro Guido Dezio per cui D'Alfonso è attualmente sotto processo per un reato minore, l'abuso. Già al rinvio a giudizio anche il procedimento contro l'assessore regionale Alfredo Castiglione per la vicenda dei buoni benzina (ora fissato al 23 settembre). E quello nato dall'inchiesta Green connection sugli appalti del verde a Pescara: il 12 maggio 14 persone, tra cui l'ex assessore comunale Rudy D'Amico, rinviati a giudizio.

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