Ospedali, pochi soldi contro la mobilità

Il presidente Chiodi: occorrono più investimenti in tecnologia e professionalità

PESCARA. «I dati pubblicati si riferiscono al 2009 quando ero appena insediato e la riforma non era ancora partita. La mobilità era, dunque, di sistema e non è da attribuire ai cambiamenti fatti. Non dimentichiamoci che nel 2009 tutti gli ospedali abruzzesi erano aperti. Il problema è che non si fa quello che noi vogliamo fare».

Quello che Gianni Chiodi vorrebbe fare è «un sistema sanitario che ha la possibilità di investire in tecnologia e professionalità creando ospedali grandi (ma non in termini di posti letto); altrimenti la mobilità è destinata a crescere». Il presidente della Regione commenta così i dati sulla mobilità passiva della sanità abruzzese, pubblicati ieri dal Centro. Stando ai numeri del 2009 (gli ultimi disponibili), l'Abruzzo spende quasi 132 milioni l'anno per curare i suoi cittadini fuori regione; La Regione che l'Abruzzo paga di più? Le Marche: 40milioni l'anno. Nel 2009 erano circa 43mila gli abruzzesi che preferivano farsi curare fuori regione (29mila ricoveri ordinari e 13.927 in day hospital).

Occorre investire di più, dice Chiodi, se si vuole porre fine a questa emorragia. Per farlo, però, aggiunge il presidente della Regione e commissario alla Sanità, «occorrono risorse e io mi sono trovato con un piano di rientro e con fondi distratti».

«E' chiaro», prosegue Chiodi, «che per invertire la rotta della mobilità occorre tempo, perché non basta un delibera. Tutti gli attori devono lavorare bene, perché il modello che ancora oggi sta andando è quello che ci ha portato verso un indebitamento mostruoso. Per giudicare la mia riforma bisognerà aspettare degli anni. Però io non sto inventando nulla, sto facendo quello che fanno le altre regioni ma lo devo fare in breve tempo perché rischiamo di incrociare l'iceberg. Certo, ci sono degli intelligentoni che dicono: potevi prima investire sul territorio. Ma bisognava avere le risorse che si sono mangiate».

In attesa di avere queste risorse, restano le cifre di un ulteriore disastro della sanità regionale. Gli abruzzesi emigrano verso strutture sanitarie pubbliche e private al di là dei confini regionali, non tanto per interventi complessi dal punto di vista medico o tecnologico, ma per curare patologie abbastanza comuni: artroscopie al ginocchio, in seguito spesso a traumi dovuti all'attività sportiva (calcetto o palestra), cicli di chemioterapia in day hospital, operazioni ginecolgici.

I dati del 2009 tracciano questa mappa delle regioni che accolgono l'emigrazione. Per i ricoveri ordinari, le Marche assorbono il 30 per cento del totale, il Lazio il 22, l'Emilia Romagna il 13, la Lombardia il 7, il Molise il 6, la Toscana il 4, altre regioni il restante 14 per cento.
Le Marche guidano anche la classifica relativa ai ricoveri in day hospital con il 39 per centi del totale, seguite da: Lazio con il 18, Bambin Gesù di Roma con il 18, Emilia Romagna con il 7, Molise con il 5, Toscana con il 3 e altre regioni con il 10 per cento.
(cr.re.)

© RIPRODUZIONE RISERVATA