PESCARAD’Alfonso, il Comune chiede due milioni per danni patrimoniali e d’immagine

5 Maggio 2010

Il Comune di Pescara ha chiesto due milioni di euro di risarcimento ai 26 imputati del processo sulle tangenti, a partire dall’ex sindaco Luciano D’Alfonso. L’ente, la cui costituzione di parte civile è stata ammessa ieri dal gup Guido Campli, chiede i danni patrimoniali e d’immagine. Ieri in aula scontro sulle intercettazioni tra il pm Varone e la difesa di Guido Dezio, che avrà 20 giorni per ascoltare tutte le registrazioni

PESCARA. Due milioni di euro, per i danni patrimoniali, diretti e indiretti, e per quelli d’immagine. Il Comune di Pescara presenta il conto e chiede il risarcimento ai 26 imputati del processo Housework su appalti e tangenti. A partire da Luciano D’Alfonso, per proseguire con gli ex dirigenti comunali, i consulenti e gli imprenditori, su tutti Carlo e Alfonso Toto, coinvolti nell’inchiesta che il 15 dicembre 2008 portò all’arresto dell’ex sindaco.

Il project financing da 18 milioni per il cimitero e quello da 50 milioni dei parcheggi dell’area di risulta, i due mega appalti che avrebbero danneggiato l’immagine dell’Ente. Pilotati, secondo la procura, da D’Alfonso, accusato di corruzione.

Il gup Guido Campli ha ammesso ieri le richieste di costituzione di parte civile presentate dall’avvocato Claudio Di Tonno per il Comune e dall’avvocato Luigi Peluso per i gestori del bar del tribunale, che sarebbero rimasti vittime di un tentativo di concussione da parte del dirigente comunale Guido Dezio, attualmente sospeso dall’incarico.

SCONTRO IN AULA.
Il via libera alle parti civili è arrivato al termine di un’altra udienza lampo, poco più di mezz’ora infiammata dall’ennesimo scontro accusa-difesa, la volta scorsa sul calendario, ora sulle intercettazioni. A sollevare il caso, è stata la difesa di Dezio. Ad aprile, gli avvocati Medoro Pilotti Aielli e Marco Spagnuolo chiedono di ascoltare tutte le intercettazioni telefoniche e ambientali allegate ai 53 faldoni di Housework.

Il pm Gennaro Varone si oppone alla richiesta ritenendola fuori tempo massimo e comunque inopportuna a udienza preliminare già avviata.

Campli dà l’autorizzazione, ma la procura sottolinea la difficoltà organizzativa ad attrezzare una sala, a fornire il personale e a mettere a disposizione gli strumenti necessari per sentire i 34 cd che compongono il complesso delle registrazioni effettuate dalla Mobile. Si arriva così all’udienza preliminare di ieri e il caso esplode. I difensori dell’ex braccio destro di D’Alfonso ripropongono analoga richiesta e presentano istanza per la trascrizione integrale delle intercettazioni.

BRACCIO DI FERRO.
Il gup si riserva di decidere e individua nel 25 maggio il termine ultimo per consentire agli avvocati di Dezio di ascoltare le registrazioni prima dell’udienza successiva, fissata al 1º giugno alle 15. In pratica, un “invito” alla difesa a scremare da sè le conversazioni ritenute utili e da trascrivere, così da non paralizzare il processo.

Ma in aula il braccio di ferro è inevitabile: «Perché non ci avete pensato prima?», fa presente il pm, infastidito dal fatto che dall’avviso di conclusione delle indagini siano trascorsi già 14 mesi. «Possiamo esercitare il nostro diritto alla difesa in qualsiasi momento», la replica dei legali di Dezio, che non intendono accontentarsi della scrematura delle intercettazioni effettuata dagli inquirenti (15 quelle ritenute funzionali al processo) e forti del fatto che il codice non preveda termini perentori.

LA FRATTURA.
Il gup ha disposto che la procura si organizzi per permettere ai legali di sentire i cd. Ma basteranno meno di tre settimane per ascoltare centinaia di ore di registrazioni? Dietro la diatriba sulle intercettazioni, la frattura è più ampia: per Varone, gli avvocati stanno ricorrendo a tutti i sistemi possibili per allungare i tempi dei processi di maggior richiamo e non arrivare mai a discutere le accuse nel merito. I legali reclamano il diritto a un giusto processo, in cui gli imputati possano difendersi attraverso la conoscenza piena, e non solo tramite quella di un’unica parte processuale, di tutti gli atti dell’inchiesta.

(g.p.c.)