Tessile, persi 14mila posti in 10 anni

Spariti marchi come Sixty o La Perla. La Filctem Cgil: servono progetti, ci sono 2.300 lavoratori a rischio nel 2014

TERAMO. E’ probabilmente il settore che ha subito una crisi più lunga e più profonda degli altri, in Abruzzo. Il Tac (tessile-abbigliamento-calzature) in dieci anni è passato da 27.426 lavoratori a 13.352. La forza lavoro si è più che dimezzata.

E se i numeri, per quanto crudi, possono risultare in qualche modo irreali, sono molto più immediate le immagini dei tanti capannoni vuoti o dei marchi fino a poco fa sinonimo di ricchezza, ora patrimonio del passato. «E’ il settore più tartassato, per effetto delle delocalizzazioni e per l’incapacità di riconvertirsi o innovarsi», esordisce Giovanni Timoteo, segretario regionale della Filctem Cgil. E’ sparita La Perla a Roseto. Stessa sorte per la Sixty di Chieti. «Quest’ultima è una vertenza emblematica», osserva il sindacalista, «che non ha interessato solo lo stabilimento di Chieti, ma tutto l'Abruzzo per la grande quantità di aziende contoterziste collegate: stimiamo una perdita nella sede principale di 450 posti di lavoro, più tutto indotto di quasi 2.500 addetti. L’azienda adesso è in concordato, con un accordo al ministero per una nuova iniziativa industriale che riteniamo inadeguata: darebbe un ’opportunità lavorativa a poco più di 50 addetti, con ipotesi di sviluppo tutte da verificare». E poi c’è la Golden Lady, che a Gissi ha chiuso, mentre a Basciano sta progressivamente chiudendo i reparti. «In entrambi i casi l’azienda ha fatto dei tentativi di riconversione», aggiunge Timoteo, «entrambi miseramente falliti. A quello di Gissi avevano creduto in 300, a Basciano 40: le imprese che sono intervenute non erano capaci di mantenere gli impegni assunti e le istituzioni non hanno garantito ad oggi una progettualità alternativa che dia prospettiva a centinaia di lavoratori».

Diversa, per fortuna, la vertenza della Brioni Roman Style di Penne. «L'azienda che fa prodotti di abbigliamento di primissima qualità e conta più di 1.200 addetti, è stata venduta al gruppo Kering e adesso è in corso un confronto per una prima riorganizzazione, assolutamente parziale, che riguarda la fascia dei servizi, con apertura di una mobilità per 60 posti», afferma il segretario regionale della Filctem, «l’azienda sembra voler prescindere da un accordo sindacale sulla gestione di questa fase di riorganizzazione: è inaccettabile. Soprattutto in una fase storica di passaggio in cui il gruppo è in un assetto organizzativo e produttivo diverso rispetto al passato, è necessario garantire la continuità produttiva, occupazionale, industriale e reddituale, come la Brioni ha fatto negli ultimi 40 anni». Il sindacalista cita poi una miriade di vertenze in aziende medio piccole, dalla Gieffe Moda di Sant’Egidio, alla Industrie tessili del Vomano di Cellino Attanasio alla Bontempi, fabbrica di giocattoli (ma inserita nel settore) di Martinsicuro. «Siamo coscienti che viviamo una fase di riorganizzazione di carattere globale e che ogni realtà deve cambiare fisionomia e costruire nuove prospettive. Ma manca una progettualità adeguata delle imprese e c’è un’assenza quasi totale di governo della politica e delle istituzioni. Ogni vertenza ha avuto una gestione a livello singolo. Invece c'è bisogno che ognuna sia dentro un progetto che individui che fare. Ad esempio per la Val Vibrata abbiamo chiesto da tempo che ci fosse uno specifico progetto che aiuti aziende a cooperare con servizi in comune e progetti per l’internazionalizzazione. Invece è mancato un piano industriale specifico, ora molti posti sono stati persi. Ma sono ancora tanti i lavoratori in questo settore, che ha ancora potenzialità: ci vuole una progettualità nuova che aiuti le aziende che provano a resistere».

Timoteo chiede a tutti gli attori in campo «un impegno straordinario». E parla della necessità di bloccare «un processo di arretramento sociale ed economico dell’Abruzzo». In particolare «il futuro del settore lo vedo con ulteriori difficoltà. Le aziende medio-piccole stanno attendendo una ripresa dei consumi che dipende da politiche del governo, fuori del nostro raggio d'azione. Peraltro stanno scadendo la cassa integrazione e i contratti di solidarietà: se non c'è un cambio di passo, i licenziamenti evitati negli ultimi due anni diventeranno realtà. Sono 2.300 le persone a cui nei prossimi 12 mesi finirà la cassa integrazione» .

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