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17 febbraio

Oggi, ma nel 1861, a Gaeta, in provincia di Latina, nella zona di Porto Salvo, sull’istmo di Montesecco, il generale Enrico Cialdini, comandante dell'assedio dell'esercito del Regno di Sardegna contro quello dell'ormai ex Regno delle due Sicilie, nonché futuro duca di Gaeta proprio in riconoscimento di quella operazione bellica, faceva officiare la messa funebre per invocare pace all’anima degli estinti di entrambe le parti.

Aveva, inoltre, rivolto alle truppe sabaude l'ordine del giorno che, 160 anni addietro, riportava, tra l'altro, anche queste parole: «Soldati, noi combattemmo contro italiani, e fu questo necessario ma doloroso ufficio; perciò non potrei invitarvi a manifestazioni di gioia, non potrei invitarvi agli insultanti tripudi del vincitore. Stimo più degno di voi e di me il radunarvi sotto le mura di Gaeta, dove verrà celebrata una gran messa funebre. Là pregheremo pace ai prodi, che durante questo memorabile assedio perirono combattendo tanto nelle nostre linee, quanto sui baluardi nemici. La morte copre di un mesto velo le discordie umane, e gli estinti sono tutti eguali agli occhi dei generosi. Le ire nostre d’altronde non possono sopravvivere alla pugna. Il soldato di Vittorio Emanuele combatte e perdona».

Verrà considerato universalmente come un atto di pietà cristiana dopo la mattanza compiuta precorrendo quello che, in gergo militare, verrà chiamato "stile Sarajevo", l'assedio spietato messo in atto durante la guerra di Bosnia Erzegovina, dal 5 aprile 1992 al 29 febbraio 1996. La citazione del testo di Cialdini è tratta dalle pagine 276-277 del romanzo storico Castelfidardo, di Vittore Ottolini, pubblicato, nel 1864, a Milano, da Sanvito editore. Il 13 febbraio precedente, dopo 102 giorni di assedio posto dalle truppe savoiarde, iniziato il 5 novembre, la fortezza di Gaeta, ritenendo il comando borbonico inutile proseguire qualsiasi forma di resistenza, che avrebbe provocato solo ulteriori vittime, si era arresa. Il 14 febbraio l'ormai ex sovrano di Napoli Francesco II, con la consorte Maria Sofia (nella foto, particolare dell'incisione pubblicata sulla prima pagina de "Le Monde illustré" del 23 febbraio 1861, proprio mentre salutano Cialdini), si era imbarcato sulla corvetta "La Mouette", che era stata messa a disposizione da Napoleone III, per raggiungere Roma, passando per Terracina.

Cialdini, in veste di comandante delle truppe del prossimo Regno d'Italia, il 17 marzo successivo, aveva potuto prendere possesso della città. I soldati borbonici erano stati fatti uscire da Gaeta, incolonnati, con alla testa i loro generali. A questi ultimi Cialdini ed il principe Eugenio di Savoia, luogotenente del re Vittorio Emanuele, avevano rivolto l'onore delle armi e parole di encomio. Questo atto di riconoscenza al valore dell'ormai ex nemico passerà alla storia. Ed era espresso per come i soldati borbonici avessero condotto la difesa del loro asserragliamento, in condizione di imparità numerica, tra mancanza di cibo, scarsità di acqua e presenza di focolai di tifo.