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18 dicembre

Oggi, ma nel 1966, a Roma, moriva Angelo Corsi (nella foto), presidente nazionale dell'Inps. Abruzzese, benché trapiantato in Sardegna e poi nella capitale, era stato avvocato, dirigente socialista, giornalista, sindacalista, parlamentare.

Era originario di Capestrano, in provincia dell'Aquila, classe 1889. Dal 1905 si era trasferito con la famiglia in Sardegna, ad Iglesias, principale centro minerario italiano dell'epoca, dove il padre Gabriele, con la moglie Giovanna Sonsini, aveva intrapreso l'attività commerciale nelle miniere di piombo, di zinco e di carbone e pure nel settore della pesca. Corsi aveva trascorso l'infanzia, fino al 1905, a Capestrano, poi aveva compiuto gli studi universitari nella facoltà di scienze sociali di Firenze. Questa esperienza gli aveva consentito di partecipare, a fianco di Gaetano Salvemini e di Giuseppe Prezzolini, alle battaglie della Lega anti-protezionistica e di collaborare attivamente alla "Voce", storica testata di Prezzolini, ma anche alla "Critica sociale" e al quotidiano "l'Avanti!".

Corsi era stato eletto consigliere comunale di Iglesias, nell'agosto 1913, quando era ancora studente, assieme ad altri due giovani dirigenti del socialismo locale, Ruggero Pintus e Luigi Garau. Il suo successo elettorale si era rinnovato, nell'agosto 1914, quando il partito socialista aveva strappato la maggioranza assoluta ad Iglesias ed in altri sei comuni del circondario minerario e aveva spedito sei rappresentanti, incluso Corsi, a sedere nel Consiglio provinciale di Cagliari. Nel frattempo Corsi era anche stato eletto sindaco di Iglesias, rimanendo in carica fino al 1921. Nel 1917 era stato pure nominato fiduciario del partito per la provincia di Cagliari. Nel 1921, grazie all'impegno in municipio e a quello in difesa dei lavoratori, si era anche assicurato il seggio alla Camera dei deputati. Nelle elezioni politiche del 1924, quelle svoltesi col sistema della legge Acerbo, non era stato rieletto a causa delle violenze e dei brogli operati dagli squadristi.

Durante il ventennio Corsi era stato ovviamente perseguitato, ma più per i suoi trascorsi di dirigente socialista che per la sua azione antifascista. Era stato arrestato nel novembre 1925, per presunte minacce a mano armata nei riguardi di un gerarca fascista. Poi nuovamente era finito in manette, dopo l'attentato a Mussolini della Gibson nel 1926, perché considerato elemento sovversivo. Nel 1932 gli era persino stato impedito di pubblicare il libro di memorie "I minatori della Sardegna al governo delle amministrazioni locali" - che verrà pubblicato a Milano nel 1959 col titolo "L'azione socialista tra i minatori della Sardegna 1898-1922" - perché considerato dalla censura littoria una sfacciata apoteosi del Psi. Nel 1937 era stato bastonato dalle camicie nere.

Dopo la caduta del fascismo era stato deputato all'Assemblea costituente, sottosegretario alla Marina mercantile nei governi guidati da Ivanoe Bonomi e da Ferruccio Parri e nel primo gabinetto di Alcide De Gasperi, sottosegretario all'Interno nel secondo governo De Gasperi. Era stato protagonista, con Giuseppe Saragat, anche della scissione di palazzo Barberini. Aveva lasciato l'attività parlamentare, dopo le elezioni del 1948, proprio per salire sul gradino più alto dell'Istituto nazionale di previdenza sociale.