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27 FEBBRAIO

Oggi, ma nel 1933, da Turi, in provincia di Bari, dov’era rinchiuso come prigioniero politico, Antonio Gramsci, già segretario nazionale del Partito comunista d’Italia e deputato Pcd’I del regno dal 6 aprile 1924 al 9 novembre 1926, scriveva quella che sarà ritenuta tra le più importanti sue lettere dal carcere: era indirizzata alla cognata “Tania”, ovvero Tatiana Schucht, e vi erano condensate le pesanti accuse rivolte al Partito, ma anche all’Internazionale comunista e alle massime autorità sovietiche. Nel foglio di corrispondenza l’intellettuale di Ales, classe 1891, coinvolgeva anche la moglie Julia Schucht, ritenendola parte della macchinazione che avesse portato alla condanna formalmente emessa dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato, il 4 giugno 1928, in qualità di oppositore di peso del regime mussoliniano. Ma di fatto, la sua ingloriosa segregazione era stata auspicata e agevolata dalle alte sfere del comunismo, sia del Belpaese che di Mosca. Sostanzialmente Gramsci sottolineava, nel messaggio rivolto al suo vero punto di riferimento, nella controversa questione che si trovasse ad affrontare, come il suo operato pregresso, il suo ruolo, le sue idee, fossero state d’intralcio. Egli era stato scomodo e sconveniente e per questo la sua uscita di scena forzata era stata macchinata «da parte di un organismo molto più vasto, di cui il Tribunale speciale non è stato che l’indicazione esterna e materiale che ha compilato l’atto legale di condanna. Devo dire che tra questi “condannatori” c’è stata anche Iulka». Sostanzialmente era l’addio al comunismo. Il 21 gennaio 1921, a Livorno, nel teatro San Marco, a margine del XVII congresso del Partito socialista italiano, in corso nel teatro Carlo Goldoni, era sorto il Partito comunista d’Italia, creato dalla minoranza comunista del Psi, che inglobava anche lo stesso Gramsci, quale referente del gruppo de “L’ordine nuovo”, che includeva anche Palmiro Togliatti (nella foto, particolare, durante uno dei discorsi che terrà nel teatro Adriano di Roma, dal 3 all’8 aprile 1951, in occasione del VII congresso nazionale del Pci, con in alto l’immagine gramsciana). Il sardo era stato posto a capo della segreteria tra il 1924 ed il 1927. Poi, giocoforza, il suo incarico era passato a Togliatti fino al 1934, primo di lasciare a Ruggero Grieco. Togliatti poi acquisirà nuovamente il ruolo dal 1938 al 1964, ovvero fino alla morte.