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27 GIUGNO

Oggi, ma nel 1942, nella Città del Vaticano, Papa Pio XII, fondava, con documento chirografo, l’Istituto per le opere religiose, considerato di fatto la banca della Santa sede. Anche se in realtà la funzione di istituto di credito pontificio spetterà all’Amministrazione del patrimonio della sede apostolica, istituzione che verrà creata, il 15 agosto 1967, da Papa Paolo VI. La sede dello Ior era nel torrione Niccolò V, addossato al Palazzo Sisto V, e la direzione veniva affidata a monsignor Alberto Di Jorio (nella foto, particolare, il 19 giugno 1963, in Vaticano, insieme al cardinale Alfredo Ottaviani, difensore della tradizione cattolica di Santa romana Chiesa), capitolino del 1884, futuro cardinale, creato da Papa Giovanni XXIII il 15 dicembre 1958.

Lo Ior, che assorbiva l’Amministrazione delle opere di religione, risalente al 17 marzo 1941, aveva come scopo quello di provvedere alla custodia e alla gestione dei capitali, sia in titoli che in contanti, e degli immobili, affidati all’istituto sia da persone fisiche che da entità giuridiche e destinati ad opere di religione e di cristiana pietà. La direzione dello Ior non confluiva dunque nelle mani del controverso banchiere laico Bernardino Nogara, ingegnere industriale originario di Bellano di Lecco, classe 1870, che era già delegato dell’Amministrazione speciale della Santa sede, dal 7 giugno 1929, quando sul soglio di San Pietro sedeva Pio XI. Quest’ultimo aveva chiamato Nogara, “motu proprio”, a gestire i fondi versati dal governo italiano al Vaticano in esecuzione della Convenzione finanziaria allegata al Trattato del Laterano dell'11 febbraio 1929, ma anche per amministrare i beni mobili propri e quelli ad essa affidati.

Le prime vere difficoltà che lo Ior dovrà affrontare saranno quelle legate alle azioni della non limpida Banca privata finanziaria di Michle Sindona, nel 1962. Poi la vicenda legata alla disinvolta gestione posta in essere dal nuovo direttore, dal 1971, dopo il mandato di Angelo Spada, l’arcivescovo statunitense Paul Marcinkus. Questione che confluirà nel crac del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, nel 1972.