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6 maggio

Oggi, ma nel 1860, da Quarto di Genova, nel territorio del Regno di Sardegna, salpava il primo drappello di Garibaldini, a bordo di scialuppe e poi sui vapori “Piemonte” e “Lombardo”, requisiti alla compagnia Rubattino, per raggiungere Marsala, dove arriverà l’11 maggio successivo, sotto il comando di Nino Bixio.

Erano 1.162, armati di vecchi moschetti Einfield a canna liscia, ma privi di munizioni e polvere da sparo, che verranno recuperate a Talamone di Orbetello, mediante la tartana “Adelina”, carica di 70 volontari livornesi agli ordini di Andrea Sgarallino. Giuseppe Garibaldi, a capo della missione, con l’appoggio dei liberali italiani e della monarchia savoiarda, aveva l’obiettivo di sbaragliare la resistenza dell’esercito borbonico attraverso una serie di battaglie da combattere sul suolo del regno delle due Sicilie. Tutta la manovra condurrà all’unificazione nazionale.

Tra i combattenti in camicia rossa, l’unico abruzzese ufficialmente riconosciuto come tale, dell’avventura, imbarcatosi dallo storico scoglio, era Pietro Bajocchi, di Atri. Quest’ultimo, di 26 anni, inquadrato nell’arma di fanteria del corpo volontari italiani della regia armata sarda, con il grado di volontario, sotto il diretto comando del futuro Eroe dei due mondi, attivo nella terza guerra d’indipendenza tricolore, nella campagna della spedizione dei mille, perirà il 27 maggio successivo, alle porte di Palermo, durante l’assedio della città. La sua memoria verrà onorata con il busto (nella foto, particolare) nella chiesa atriana di San Liberatore.

Tutta la vicenda di Bajocchi verrà raccontata nel volumetto di Camillo Pace, intitolato “Un abruzzese dei mille (Pietro Bajocchi) breve cenno storico”, che verrà pubblicato per i tipi di Carabba, ma attraverso l’Orfanotrofio maschile atriano, nel 1886, e poi riedito, nel 2019, dalla tipografia Hatria, a cura di Ernesto Piccari e Ugo Assogna.