TODAY

6 marzo

Oggi, ma nel 1997, a Grottaferrata, in provincia di Roma, si suicidava, lanciandosi dal balcone di casa sua, Arnaldo Graziosi, musicista, di 83 anni, verosimilmente in seguito alla depressione. Quando ne aveva 32 era stato coinvolto nell’omicidio della moglie Maria Cappa, di 24. Il delitto era stato commesso, con un colpo di pistola automatica Beretta, modello 1934, calibro 9 millimetri corto, in una stanza della pensione Villa Igea di Fiuggi, il 21 ottobre 1945, alla presenza anche della figlia Andreina, di tre anni.

Graziosi, pianista e compositore, collaboratore della televisione di Stato per la parte musicale, si era dichiarato innocente e aveva sostenuto che la moglie si fosse suicidata perché lacerata dai sensi di colpa per aver contratto la sifilide nella relazione pre-matrimoniale e poi aveva contagiato sia marito che la figlioletta.

Accanto al cadavere della donna era stata ritrovata la lettera d’addio, scritta dalla vittima, nella quale spiegava: "Troppo a caro prezzo sto pagando l’unica leggerezza della mia vita, per il bene di mia figlia, per quello delle persone che mi sono care, è necessario che io sparisca. Desidero che queste persone non sappiano della mia fine e serbino di me un buon ricordo. Maria".

Ma le forze dell'ordine non avevano creduto al suicidio e Graziosi (nella foto, particolare, con gli schiavettoni ai polsi), originario di Bomarzo, in quel di Viterbo, classe 1913, era stato condannato, in Cassazione, a 24 anni, 9 mesi, 20 giorni di reclusione. La perizia calligrafica aveva stabilito che il biglietto non fosse stato scritto da Maria Cappa. Il maestro, inoltre, aveva una relazione con una sua allieva pianista, Anna Maria Quadrini, e questo era stato considerato il movente dell'uxoricidio.

Ne era nato un caso di cronaca nera tra i più seguiti del secondo dopoguerra, in grado di spaccare il Belpaese tra innocentisti e colpevolisti, nonostante la situazione di estrema difficoltà attraversata a causa del conflitto. Nell'iter processuale, primo grado e Cassazione, perché non esisteva ancora l'appello, era stata la madre di Maria Cappa, Desolina Salomone Cappa, a fornire all'accusa l'arma in più per incastrare Graziosi. Aveva rivelato come il maestro avesse fatto parte di una sorta di setta segreta nata all'interno della Rai e aveva dettato alla moglie lettere in codice per tentare di uscirne indenne. Graziosi, che si considerava vittima di un clamoroso errore giudiziario, era anche evaso dal penitenziario di Frosinone, ma poi ripreso ad Alatri.

Il 7 agosto agosto 1959, dopo 13 anni, 10 mesi e 15 giorni di detenzione, lasciava il carcere di Santa Maria in Gradi di Viterbo, dopo aver ottenuto la grazia, chiesta dalla figlia, diciassettenne, al presidente della Repubblica Giovanni Gronchi. Dal 1960 Graziosi era tornato all'attività di musicista compositore, sia per il piccolo schermo che per il cinema, riscuotendo successo. Aveva collaborato come pianista anche alle colonne sonore dei film Salò e le 120 giornate di Sodoma, del regista Pier Paolo Pasolini, del 1975, e Al di là del bene e del male, di Liliana Cavani, del 1977.

L'arma del delitto verrà custodita nel Museo criminologico dell'Urbe, situato nel Palazzo del Gonfalone, ex carcere minorile di Papa Leone XIII, che era stato inaugurato nel 1931, per volere dell'allora Guardasigilli del regime fascista Alfredo Rocco, come elemento di uno dei gialli storici d'Italia.