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9 aprile

Oggi, ma nel 1931, a Roma, veniva licenziata la legge 916, del 9 aprile 1931, già approvata da Senato e Camera, riportante Norme concernenti la fabbricazione e la vendita del cacao e del cioccolato, con validità per il Regno d'Italia, che verrà ufficializzata con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale del 3 agosto successivo, numero 177 (nella foto particolare del frontespizio).

La normativa, che al pari delle altre veniva proposta in nome del re sabaudo, Vittorio Emanuele III, "per grazia di Dio e volontà della nazione", chiariva l'importanza che il fascismo attribuisse alla regolamentazione giuridica della qualità del cacao e del cioccolato, a cominciare dalla distinzione tecnica tra cioccolato e prodotti di imitazione, definiti surrogati nell'articolo 4 e realizzati con l'aggiunta di farine. Il cioccolato base doveva contenere non più del 65 per cento di zucchero -con eventualmente un 5 per cento di quel 65 di dolcificante differente dal saccarosio- e non meno del 16 di burro di cacao, quindi il cacao minimo doveva essere il 19. Si poteva aggiungere quasi tutto, purché chiaramente indicato sull'incarto, salvo gli anacardi che erano vietati.

L'adeguamento del dettato del '31 avverrà solo 45 anni dopo, con la legge 30 aprile 1976, 351 che recepirà la direttiva comunitaria 241 del 1973 volta a fissare parametri sulla produzione e commercializzazione di cacao e cioccolato per il territorio europeo. Verrà imposto che il cioccolato dovrà contenere almeno il 35 per cento di cacao e il 18 di burro di cacao; che il cioccolato extra dovrà contenere almeno il 43 di cacao e il 28 di burro di cacao; che il cioccolato al latte dovrà contenere almeno il 25 di cacao, il 14 di latte in polvere e il 25 di materia grassa; che il cioccolato alle nocciole gianduia dovrà essere composto da almeno il 32 di cacao e da 20 a 40 grammi di nocciole intere o macinate per 100 grammi di prodotto; che il cioccolato bianco dovrà contenere non meno del 20 di burro di cacao e non meno del 14 di latte in polvere.