Gli italiani in viaggio, tra stereotipo e realtà

31 Agosto 2019

Una lunga fila di macchine avanza lenta sotto il caldo sole di agosto. Dal finestrino aperto della Cinquecento in coda compare una mano, getta una carta, sparisce. Pochi secondi e ricompare, altra carta, e così per cinque-sei volte, fino a eliminare, suppongo, tutto il ciarpame raccolto nell’abitacolo. La mano appartiene a un piccolo passeggero seduto sul sedile dietro, ma il guidatore continua imperturbabile la sonnolenta processione, senza alzare neppure un sopracciglio e senza dire parola.

Guardo la targa: purtroppo (oppure ovviamente) è italiana, tanto per confermare la cattiva fama di cui godiamo all’estero. Già. Secondo le statistiche, sette stranieri su dieci considerano i turisti italiani maleducati, rumorosi e poco rispettosi degli usi locali. E prima che si innalzi il coro di oltraggiati dinieghi, dico subito che alla stessa conclusione si giunge anche nei blog e nei forum di viaggio italiani: non è, quindi, un perfido complotto da parte di agenti stranieri ai nostri danni, ma l’opinione condivisa di molti connazionali.

Siamo sinceri: che siano al mare, in città o in montagna, parecchi italiani quando sono all’estero si adattano male, sono poco inclini alle novità. Molti hanno difficoltà con le lingue e spesso si affidano a un mix di italo-anglo-spagnolo e “bagaglio gestico” (come direbbe Gigi Proietti) che potrebbe essere anche simpatico, a patto di non irritarsi quando l’interlocutore ti guarda stralunato.

Quella che una volta era considerata pittoresca e simpatica “italianità”, ha subìto negli ultimi anni un’escalation che spesso e volentieri oltrepassa i confini della buona educazione. I comportamenti nazionali ci rendono immediatamente riconoscibili, e non sempre in maniera lusinghiera.

L’italiano che agli stranieri non piace è un po’ più di uno stereotipo. È quello che non riesce a stare in coda, perché più che una fila, tende a formare un grappolo informe in continuo movimento. È quello caciarone, che parla sempre a voce alta ed è costantemente attaccato allo smartphone per telefonate stereo e selfie a ripetizione. Non ha interesse per i cibi locali, anzi pretenderebbe di mangiare le tagliatelle della nonna anche a Timbuktu e si lamenta continuamente perché non riesce a farlo. Critica, sale in cattedra, denigra, non è curioso. E quando è al mare non va molto meglio: urla e schiamazzi, musica a palla, racchettoni e palloni su spiagge affollate, motoscafi ormeggiati quasi sul bagnasciuga e moto d’acqua che sfilano a velocità sottocosta.

E la notte? Per certi grupponi in vacanza, non fa mai giorno: alcool a fiumi, scooter che sfrecciano fino all’alba indifferenti al rumore e un atteggiamento da “simpatici sboroni” che di simpatie riescono ad attirarne davvero poche. La mattina dopo, sono zombie con gli occhiali da sole come estensione permanente.

La coda di auto intanto avanza sonnacchiosa. La Cinquecento improvvisamente s’impenna, ingrana la marcia, fa un’inversione a U, salta un cordolo, attraversa una piccolo prato e si sistema su una corsia laterale, saltando tutta la fila. Ah, l’inventiva italiana!

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