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Bancarotta pastificio Del Verde, tutti assolti i sette imputati

La metafora Schettino convince i giudici: gli imputati intervenuti quando la nave-azienda era sugli scogli, per salvarla

CHIETI. Crac Del Verde. Imputati tutti assolti con la formula piena “il fatto non sussiste”. E' l'epilogo di un lungo processo iniziato a Vasto e poi trasferito a Chieti per competenza territoriale. La vicenda giudiziaria si trascina da anni. Sul banco degli imputati con l’accusa di bancarotta fraudolenta per aver provocato il fallimento del pastificio Del Verde, Giancarlo Masciarelli, ex presidente della Fira, Marco Picciotti e Pietro Anello, Giorgio De Gennaro, Giorgio Canella, Antonio Di Loreto, Carmine Alimonti.

Ieri mattina le battute finali. La difesa degli imputati rappresentata dagli avvocati, Cieri, Milia, Ciprietti, Porfido e Di Michele è riuscita con valide argomentazioni a dimostrare al collegio di giudici (Romandini, De Berardini e De Ninis) che le operazioni compiute dagli imputati avevano sempre mirato al salvataggio e non certo al sabotaggio della Del Verde.

Per dimostrarlo Fiorenzo Cieri ha fatto riferimento al naufragio della Costa Concordia. «I nostri assistiti hanno trovato la nave già sullo scoglio ed hanno cercato di salvarla in tutti i modi. Non sono stati loro a mettere la nave Del Verde sullo scoglio del fallimento», ha detto il penalista. «La Del Verde del resto ora lavora e naviga verso nuovi successi». Anche la documentazione prodotta ha convinto i giudici del Tribunale che alla fine ha pronunciato la formula assolutoria. La fine di un incubo.

Cinque anni fa il processo iniziò a Vasto. I difensori degli indagati eccepirono l’incompatibilità territoriale del procedimento. Gli avvocati chiesero che il filone vastese dell’inchiesta (già spezzettata in quattro procedure trasferite nei tribunali di Chieti, Lanciano, Roma e Vasto) passasse a Chieti. La pubblica accusa rappresentata dal procuratore capo Francesco Prete non si oppose. Il processo venne trasferito Chieti.

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La vicenda delicata e complicata, parlava di 20 milioni di euro dissipati, un passivo di 60 milioni e un crac di 30 milioni. L’inchiesta fu aperta dall’ex sostituto procuratore della Repubblica del Tribunale di Vasto, Anna Rita Mantini (oggi a Pescara) e si concluse con 14 indagati. Poi i rinvii a giudizio e una lunga fase dibattimentale. Le accuse spaziavano, a vario titolo, dalla bancarotta alla concussione (anche per questi reati sono stati assolti in passato), false comunicazioni sociali e malversazione ai danni dello Stato, ricettazione. Parte offesa, l’imprenditore Francesco Tamma, di Bari. Alla lettura della sentenza, grande soddisfazione dei legali.

Paola Calvano

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