Escort uccisa a Francavilla, la famiglia: 'Vogliamo la verità'

I legali puntano sulla rapina come movente. In Romania i funerali della giovane uccisa la notte dell’antivigilia di Natale da un cliente che conosceva da dieci mesi
FRANCAVILLA. La famiglia di Silvia Elena Minastireanu non crede al movente emerso dall'interrogatorio di garanzia di Luca D'Alessandro, il 18enne di Chieti che ha confessato l'omicidio della giovane escort romena la sera di venerdì scorso, nel suo appartamento al civico 23 di via Monte Sirente.
D'Alessandro frequentava quella casa da una decina di mesi. Prestazioni sessuali a pagamento per lo più, ma forse nella mente del ragazzo, segnalato per uso personale di droghe, quel rapporto avrebbe povuto diventare qualcosa di più profondo. Un bacio negato sarebbe stato la causa scatenante dell'aggressione mortale alla ventenne, prima colpita più volte, poi strozzata. Inutile il tentativo disperato della ragazza di divincolarsi dalla morsa del suo assassino. Silvia Elena si è difesa con forza, lo ha accertato l'autopsia effettuata dal medico legale Cristian D'Ovidio. Ematomi, ferite e lesioni sul corpo della giovane. Per lo più graffi quelli riportati dall'omicida.
Ma per i legali della famiglia non si può non valutare il fatto che l'assassino abbia trafugato una serie di oggetti di valore della giovane, tra cui un I-Phone, altri cellulari, l'orologio e 1.400 euro più alcune banconote messicane (Silvia Elena era appena tornata da un viaggio in Messico).
«Forse si è trattato di una rapina finita male, non crediamo al movente della difesa», afferma l'avvocato Monica Passamonti, nominata dalla zia di Silvia Elena e dai genitori, «non può essere stato un bacio negato ad aver scatenato l'omicidio, la famiglia vuole la verità. D'Alessandro ha seguito una dinamica precisa: ha dovuto cercare e trovare i documenti della ragazza, e poi rubare il denaro. Questo non è l'atteggiamento di una persona sotto shock, e poi manca un anello d'oro bianco con pietra che la zia ha visto al dito della nipote il giorno della morte. E non dimentichiamo che la ragazza è stata picchiata prima di essere uccisa».
Una fine tremenda quella di Silvia Elena, arrivata in Italia due anni fa. Figlia unica di una famiglia distrutta dal dolore, come racconta il legale. «Sia la mamma che il papà sono giovani e questa notizia li ha devastati, ora attendono il ritorno della salma a Bucarest, e cercano giustizia».
La zia di Silvia Elena, che ha chiamato i carabinieri la notte dell'omicidio e che martedì ha effettuato il riconoscimento della salma, attende l'arrivo dell'impresa funebre dalla Romania, previsto per oggi o al massimo domani, per poi ripartire insieme al feretro. Accompagnerà Silvia Elena nell'ultimo viaggio verso casa.
Le nomine degli avvocati della famiglia sono state depositate martedì. Il legale che rappresenta il cugino della giovane, che vive nello stesso palazzo di via Monte Sirente, è Annabianca Cocciarsicco, mentre la nomina alla Passamonti è stata inviata dai genitori della vittima attraverso l'ambasciata italiana a Bucarest. Dalla famiglia è stato nominato anche un consulente di parte, il medico legale Luigi De Pascalis.
Una vicenda drammatica, che dopo l'arresto tempestivo effettuato dai carabinieri nel pomeriggio del 24 dicembre, a poche ore dalla scoperta del cadavere, si sposta in tribunale. Per l'avvocato Marco Femminella, che insieme alla collega Monica D'Amico difende D'Alessandro, «stando a quanto emerso dall'interrogatorio del mio cliente, seppure con una serie di vuoti e silenzi, si evince che la lite tra i due giovani sia scaturita da una ricerca di affettività».
I due avevano avuto un rapporto sessuale, poi sembra essere nata una violenta colluttazione. D'Alessandro le ha stretto le mani intorno al collo fino a soffocarla, poi ha nascosto il corpo nudo della ragazza sotto il letto. Un tentativo goffo, che il criminologo Giuseppe Orfanelli interpreta come un elemento significativo: «È come voler dire "questa cosa è mia, ci gioco solo io, quindi la nascondo». Prendendo questa chiave la Minastireanu diventa il simbolo della bambola nuda, come una cosa da possedere senza volerla dividere con altri. Possesso e narcisismo. Se letta in questi termini sarebbe stata un'aspirazione, quella del diciottenne teatino, presumibilmente incompatibile con lo stile di vita della donna. Il gesto è stato improvviso».
D'Alessandro, iscritto al quinto anno dell'istituto tecnico in una scuola di recupero e amante delle moto, viveva con i nonni a Francavilla. Le difficoltà in ambito scolastico, insieme all'uso di droghe, secondo Orfanelli «delineano uno stato di grave insoddisfazione, di ricerca di esperienze e di identità, e una profonda condizione di insicurezza».
Per quanto riguarda invece il fatto di aver trafugato soldi e oggetti personali della vittima, il criminologo propende per questa lettura: «Credo si sia trattato di un semplice tentativo di depistaggio delle indagini, ingenuo e frutto della mano inesperta di un ragazzino». Non sembra pensarla così la famiglia della giovane uccisa.
D'Alessandro frequentava quella casa da una decina di mesi. Prestazioni sessuali a pagamento per lo più, ma forse nella mente del ragazzo, segnalato per uso personale di droghe, quel rapporto avrebbe povuto diventare qualcosa di più profondo. Un bacio negato sarebbe stato la causa scatenante dell'aggressione mortale alla ventenne, prima colpita più volte, poi strozzata. Inutile il tentativo disperato della ragazza di divincolarsi dalla morsa del suo assassino. Silvia Elena si è difesa con forza, lo ha accertato l'autopsia effettuata dal medico legale Cristian D'Ovidio. Ematomi, ferite e lesioni sul corpo della giovane. Per lo più graffi quelli riportati dall'omicida.
Ma per i legali della famiglia non si può non valutare il fatto che l'assassino abbia trafugato una serie di oggetti di valore della giovane, tra cui un I-Phone, altri cellulari, l'orologio e 1.400 euro più alcune banconote messicane (Silvia Elena era appena tornata da un viaggio in Messico).
«Forse si è trattato di una rapina finita male, non crediamo al movente della difesa», afferma l'avvocato Monica Passamonti, nominata dalla zia di Silvia Elena e dai genitori, «non può essere stato un bacio negato ad aver scatenato l'omicidio, la famiglia vuole la verità. D'Alessandro ha seguito una dinamica precisa: ha dovuto cercare e trovare i documenti della ragazza, e poi rubare il denaro. Questo non è l'atteggiamento di una persona sotto shock, e poi manca un anello d'oro bianco con pietra che la zia ha visto al dito della nipote il giorno della morte. E non dimentichiamo che la ragazza è stata picchiata prima di essere uccisa».
Una fine tremenda quella di Silvia Elena, arrivata in Italia due anni fa. Figlia unica di una famiglia distrutta dal dolore, come racconta il legale. «Sia la mamma che il papà sono giovani e questa notizia li ha devastati, ora attendono il ritorno della salma a Bucarest, e cercano giustizia».
La zia di Silvia Elena, che ha chiamato i carabinieri la notte dell'omicidio e che martedì ha effettuato il riconoscimento della salma, attende l'arrivo dell'impresa funebre dalla Romania, previsto per oggi o al massimo domani, per poi ripartire insieme al feretro. Accompagnerà Silvia Elena nell'ultimo viaggio verso casa.
Le nomine degli avvocati della famiglia sono state depositate martedì. Il legale che rappresenta il cugino della giovane, che vive nello stesso palazzo di via Monte Sirente, è Annabianca Cocciarsicco, mentre la nomina alla Passamonti è stata inviata dai genitori della vittima attraverso l'ambasciata italiana a Bucarest. Dalla famiglia è stato nominato anche un consulente di parte, il medico legale Luigi De Pascalis.
Una vicenda drammatica, che dopo l'arresto tempestivo effettuato dai carabinieri nel pomeriggio del 24 dicembre, a poche ore dalla scoperta del cadavere, si sposta in tribunale. Per l'avvocato Marco Femminella, che insieme alla collega Monica D'Amico difende D'Alessandro, «stando a quanto emerso dall'interrogatorio del mio cliente, seppure con una serie di vuoti e silenzi, si evince che la lite tra i due giovani sia scaturita da una ricerca di affettività».
I due avevano avuto un rapporto sessuale, poi sembra essere nata una violenta colluttazione. D'Alessandro le ha stretto le mani intorno al collo fino a soffocarla, poi ha nascosto il corpo nudo della ragazza sotto il letto. Un tentativo goffo, che il criminologo Giuseppe Orfanelli interpreta come un elemento significativo: «È come voler dire "questa cosa è mia, ci gioco solo io, quindi la nascondo». Prendendo questa chiave la Minastireanu diventa il simbolo della bambola nuda, come una cosa da possedere senza volerla dividere con altri. Possesso e narcisismo. Se letta in questi termini sarebbe stata un'aspirazione, quella del diciottenne teatino, presumibilmente incompatibile con lo stile di vita della donna. Il gesto è stato improvviso».
D'Alessandro, iscritto al quinto anno dell'istituto tecnico in una scuola di recupero e amante delle moto, viveva con i nonni a Francavilla. Le difficoltà in ambito scolastico, insieme all'uso di droghe, secondo Orfanelli «delineano uno stato di grave insoddisfazione, di ricerca di esperienze e di identità, e una profonda condizione di insicurezza».
Per quanto riguarda invece il fatto di aver trafugato soldi e oggetti personali della vittima, il criminologo propende per questa lettura: «Credo si sia trattato di un semplice tentativo di depistaggio delle indagini, ingenuo e frutto della mano inesperta di un ragazzino». Non sembra pensarla così la famiglia della giovane uccisa.
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