Ex Carichieti, Melilla: fuori i nomi dei debitori morosi
Il caso sul tavolo del ministro Padoan, interpellanza del deputato di Si al ministro: fare luce sull’operato degli ultimi amministratori e dei commissari dell’istituto. Chiesta la divulgazione della black list
CHIETI. Fuori i nomi. Per accertare se, come nel caso del Monte dei Paschi di Siena, «non ci sia stata una disinvolta gestione del credito» anche alla ex Cassa di Risparmio di Chieti. E, soprattutto, per sapere «quali e quanti siano i maggiori debitori morosi» dell’istituto di credito abruzzese. Lo chiede, con un’interpellanza al ministro dell’Economia, Piercarlo Padoan, il deputato di Sinistra italiana, Gianni Melilla. Che dal titolare del dicastero di via XX Settembre pretende anche una risposta su «quali misure intenda porre in essere per chiarire il corretto operato degli ultimi amministratori e dei commissari preposti alla risoluzione della Cassa di risparmio di Chieti».
Tenuto, peraltro, conto che «nella succitata sentenza si lamenta il fatto di non aver potuto verificare se la valutazione dei crediti di difficile o impossibile esigibilità sia stata fatta correttamente o si sia invece rivelata troppo severa, con una svalutazione eccessiva che ha intaccato il patrimonio causando il dissesto». Una richiesta, ricorda il componente dell’Ufficio di presidenza della Camera, che arriva a pochi giorni dalla decisione dell’Aula di Montecitorio che «si è espressa favorevolmente per l’istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta sulle vicende e sulle cause che hanno determinato la crisi di Banca delle Marche, Banca popolare dell’Etruria, Cassa di risparmio di Ferrara e Cassa di risparmio di Chieti, Monte dei Paschi di Siena e Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca».
In particolare, quanto all’istituto di credito abruzzese, la ex CariChieti è stata al centro di una complessa vicenda che lo stesso Melilla ricostruisce nei suoi passaggi salienti. «Commissariata dal ministero dell’Economia e delle finanze, con decreto del 5 settembre 2014, su proposta della Banca d’Italia», la banca «è stata posta in amministrazione straordinaria per pesanti irregolarità amministrative». Successivamente, ricorda il deputato di Si, la stessa «Bankitalia ha nominato Salvatore Immordino nuovo Ad di CariChieti al posto di Riccardo Sora». Incarico, quello di commissario, che Immordino ha lasciato «nel momento in cui è stato nominato dalla banca centrale al vertice della Rev Spa, la cosiddetta pattumiera dei crediti deteriorati». Nomina, quest’ultima, prosegue Melilla, «avvenuta pochi giorni prima che il giudice fallimentare di Chieti, Nicola Valletta, dichiarasse con sentenza lo stato di insolvenza dell’ex Cassa di risparmio di Chieti». Con «una sentenza che ha tirato in ballo proprio la gestione dei commissari» e disposto la trasmissione degli «atti alla Procura della Repubblica». Il Fondo interbancario ha finanziato la risoluzione delle crisi di Banca Etruria, Banca delle Marche, Cassa di risparmio di Ferrara e Carichieti, per un totale di 3,7 miliardi che sono stati anticipati da Intesa San Paolo (credito poi parzialmente ceduto a Mps), Unicredit e Ubi Banca (credito poi parzialmente ceduto a Banco Popolare).
«Il valore totale dell’intervento - si legge ancora nell'interpellanza - è servito a coprire le perdite derivanti dalla svalutazione delle sofferenze, per un valore nominale di 8,5 miliardi di euro, ricapitalizzare i nuovi istituti (1,8 miliardi di euro per le quattro succitate banche, compresa Carichieti) e infine creare la bad bank Rev Gestione Crediti SpA (136 milioni di euro) a cui è stato affidato il recupero degli 8,5 miliardi». Ma non è tutto. Melilla cita anche alcuni passi della sentenza del giudice Valletta: «Risulta che in atti non vi sono elementi che consentano di affermare l’esistenza di uno stato di insolvenza al momento dell’avvio della risoluzione. Non vi è dubbio invece che l’insolvenza vi fosse al momento dell’emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa - trascrive nell’interpellanza il deputato di Si -. A tale epoca, infatti la Carichieti, proprio in conseguenza delle misure adottate nell'ambito del procedimento di risoluzione, non presentava più alcun elemento nell'attivo patrimoniale, a fronte di passività per 45 milioni di euro».
Insomma, l’insolvenza si baserebbe «su perdite scaturite da rettifiche di valore netto dei crediti di cui però non è stata data alcuna giustificazione». Recentemente, «il pm Falasca che conduce tutte le inchieste sulla Carichieti, ha iscritto Salvatore Immordino nel registro degli indagati». Mentre, negli ultimi giorni, «il dibattito intorno alla vicenda del Monte dei Paschi di Siena è stato soprattutto incentrato sulla necessità di rendere noti, in nome della trasparenza, i nomi dei grandi debitori morosi (la cosiddetta black list) che hanno causato il dissesto della banca». Una richiesta che ora Melilla avanza anche per la ex CariChieti.