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La famiglia può vincere la povertà

Il vescovo Cipollone: ma con il lavoro è diventata una maledizione

LANCIANO. Per aiutare le famiglie a superare lo stato di crisi che le trascina sempre più nelle nuove povertà, bisogna riscoprire il concetto delle relazioni e la centralità dei nuclei familiari ed è necessario aumentarne la produttività facendo crescere così il Prodotto interno lordo. È la sintesi del convegno della Caritas frentana “La famiglia e l’economia: quale simbiosi?”, ultimo appuntamento de “I giorni dell’otium” tenuto sabato al Palazzo degli Studi con ospiti d’eccezione: il biblista Ernesto Borghi, presidente dell’Abem, e il docente di Economia politica della d’Annunzio, Giuseppe Bacceli; presenti il vescovo Emidio Cipollone, il direttore della Caritas Luigi Cuonzo e il sindaco Mario Pupillo.

«Famiglia come economia di valori e motore dell’economia reale», ha premesso il diacono Cuonzo, «per scongiurare il vertiginoso aumento di persone che finiscono nella morsa della povertà acquisita». «Dobbiamo riportare la famiglia al centro delle relazioni», ha aggiunto il vescovo Cipollone, «perché famiglia e lavoro sono i segni della benedizione di Dio mentre oggi sembrano essere diventate maledizioni». Il biblista Borghi ha spiegato la spiritualità di alcuni testi biblici: la Genesi, l’Esodo e il Vangelo di Matteo: «Non accumulate tesori sulla terra ma in cielo dove non si consumano mai e non affannatevi angosciosamente per cosa mangiare o bere. Il Padre celeste sa che ne avete bisogno. Cercate il regno di Dio e la giustizia divina e quelle cose vi saranno date in aggiunta».

Il professor Bacceli è intervenuto sul piano economico riportando tutti alla dura: secondo l’Istat «oggi le famiglie sono interpretate come ammortizzatori sociali, su 24 milioni di famiglie ce ne sono 15 milioni che si prendono cura di qualcuno ed è questa una nostra specificità», ha aggiunto, «che si somma alla scarsa natalità assoluta e alla bassa partecipazione delle donne al lavoro. Il rapporto donne-Pil non è molto alto rispetto ad altri Paesi europei. Nel nostro si lavora più di altri ma il divario con il prodotto interno lordo pro capite è basso per la scarsa produttività dei singoli. L’obiettivo del 2020 è incrementare l’occupazione femminile portandola al 60% del Pil prima che il solo welfare rischi di sfondare il 50% della spesa nazionale».

Restano da risolvere la scarsa natalità, una maggiore produttività soggettiva e il patologico “familismo”, ma questi non sono temi economici.

Arnolfo Paolucci

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