Liquami di biogas nelle campagne «Puzza e niente raccolta olive» 

Una coltivatrice: è una settimana che siamo in questa situazione. Il Comune, avvisato, non fa nulla Lanci (Nsc): fenomeno forse amplificato dalle piogge. Il tecnico Giambuzzi: vogliamo accertamenti

LANCIANO. Nuovi sversamenti di liquami nelle campagne tra Villa Pasquini e Cerratina. Li segnalano i coltivatori della zona, che da circa una settimana hanno a che fare con la melma maleodorante proveniente dalla vicina centrale a biogas. Era già successo 5 anni fa e per quegli sversamenti non autorizzati sono a processo in cinque. A distanza di anni e con un procedimento penale avviato, però, la musica non cambia. «È una settimana che c’è questa situazione», segnala A.B., coltivatrice diretta, «non riusciamo a cogliere le olive a causa di questo fiume di liquami che ha invaso anche la strada comunale. C’è una puzza tremenda. Abbiamo anche avvisato il Comune, ma i liquami sono ancora là». «È probabile che il fenomeno si sia amplificato con le piogge», commenta Alessandro Lanci, presidente dell’associazione Nuovo Senso Civico (Nsc) che nel 2016 ha denunciato i primi sversamenti, «quando la terra è gonfia d’acqua non assorbe rapidamente questi reflui».
Il 2 novembre scorso è iniziato il processo a carico dei responsabili dell’impresa Biogas Energy e del conduttore dell’impianto di Villa Pasquini. La prima udienza è stata rinviata a marzo. «Siamo di fronte a un reato penale iniziato 5 anni fa e che va a processo oggi», continua Lanci, «se non interverrà prima la prescrizione, in caso di condanna la pena sarà commutata in un’ammenda di poche migliaia di euro. Non è questo a scoraggiare un certo tipo di pratiche. Smaltire tutti questi reflui in maniera organica ha costi elevati, che rendono questi impianti non sostenibili economicamente. Nel caso di reati del genere Comune e Regione dovrebbero vigilare e intervenire sull’autorizzazione, fino a revocarla quando le prescrizioni e i termini di legge sono disattesi e alle violazioni e ai danni non vengono dati rimedi. Ci sono sanzioni amministrative, capaci di mettere l’azienda di fronte alle sue responsabilità, persuadendola sulla maggiore convenienza economica a rispettare le regole e non a violarle».
«Già in merito al vecchio sversamento ci sarebbero dovuti essere adempimenti degli organismi regionali», chiarisce l’ingegnere Tommaso Giambuzzi, uno dei tecnici dell’associazione, «la Regione, tramite i suoi servizi, avrebbe dovuto compiere tre passi codificati: diffidare la ditta a rientrare nei termini di legge, sospendere l’autorizzazione e le attività, revocare l’autorizzazione. Ora andrebbe intrapresa una serie di accertamenti per stabilire se c’è necessità di una bonifica. Anche il Comune dovrebbe attivarsi: com’è successo a Poggiofiorito, anche il sindaco, a seguito di sopralluogo con il suo ufficio tecnico, può emettere l’ordinanza di arresto delle attività fino a certificato rimedio, per ragioni di emergenza sanitaria». «L’appello alle autorità», conclude Lanci, «è a non rimanere nell’inerzia».
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