Mattioli sepolto nella «sua» Vasto

Le spoglie dell’ex manager Fiat deposte nella cappella di famiglia.

VASTO. Riposano nella tomba di famiglia nel cimitero di Vasto le spoglie di Francesco Paolo Mattioli, 70 anni, top manager Fiat nell’era Romiti e nipote del banchiere umanista Raffaele, uno dei fondatori della Banca Commerciale Italiana (Comit).
Dopo una vita passata negli uffici del Lingotto di Torino, il numero tre del colosso automobilistico, braccio destro di Giovanni Agnelli e Romiti, si era ritirato da qualche mese nella città in cui era nato, Roma, e dove è morto per un male che non gli ha lasciato speranza. Uno degli ultimi desideri espressi alla famiglia era stato quello di essere seppellito a Vasto, città a cui ha legato i ricordi dell’infanzia ed è rimasto sempre profondamente attaccato. Il feretro è arrivato nel primo pomeriggio, accompagnato dalla moglie Elli, amore di una vita, dai due figli, la primogenita Anna e Andrea, e dai tre nipotini. Pochi i parenti e conoscenti presenti per l’estremo saluto al “Re della finanza”.

Il rito si è svolto in forma strettamente privata, lontano dai riflettori ai quali si era dovuto, suo malgrado, abituare dai tempi della scalata ai vertici Fiat all’arresto con il ciclone “Mani pulite” e per sua volontà non sono stati affissi nemmeno i manifestini funebri nelle strade. «Francesco Paolo era un uomo eccezionale, con un grande senso della famiglia, molto riservato», ricorda Carlo Tessitore, uno dei nipoti, «almeno una volta l’anno veniva per qualche giorno a Vasto e ne approfittava per mangiare il pesce».

Dallo zio Raffaele (fratello del nonno) aveva ereditato due cose, la passione per la finanza e l’amore per la città adriatica. «Una “capatina” a Palazzo Mattioli, la casa di famiglia, donata al Comune e attuale sede della biblioteca civica, e l’immancabile passeggiata lungo la Loggia Amblingh come da ragazzino in estate, erano le tappe obbligatorie del suo viaggio della memoria e dei ricordi», racconta ancora Tessitore. Si sentiva vastese e parrocchiano della cattedrale di San Giuseppe, a due passi dall’abitazione paterna ed il vecchio parroco, monsignor Giovanni Pellicciotti, celebrava la messa di suffragio del papà Cesario scomparso sei anni fa. Il sacerdote era al cimitero fra i pochi intimi arrivati per l’estremo saluto.

Mattioli tornava di solito per la ricorrenza dei defunti per far visita alla tomba del padre che qualche anno fa aveva deciso di far sistemare curandone la progettazione. «Probabilmente aveva già deciso di essere sepolto qui. Aveva un grande desiderio, godersi lontano dal mondo della finanza i tre nipotini», conclude Tessitore, «ma il male che lo ha portato alla morte in meno di quattro mesi non glielo ha consentito».