Maxi truffa della carne, due arrestati 

Aprono una ditta con sede a Casalincontrada e non pagano 900mila euro di merce a 14 allevatori piemontesi: ai domiciliari

CHIETI. Nel giro di sei mesi, si sono fatti consegnare 900mila euro di carne da 14 allevatori piemontesi. Poi, sono spariti senza tirare fuori un centesimo e portando al fallimento la società con sede a Casalincontrada, creata con l’unico obiettivo di fare da schermo alla vera destinataria dei prodotti, un’azienda della provincia di Bari con un volume d’affari notevole. Ma martedì, a distanza di quattro anni dall’imbroglio, è scattato il blitz del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Chieti: D.S., 64 anni, amministratore della società pugliese, e P.D. (66), rappresentante legale di quella fallita, sono finiti agli arresti domiciliari con le accuse di bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale, truffa aggravata continuata, auto-riciclaggio ed emissione di fatture per operazioni inesistenti. L’ordinanza di custodia cautelare è stata firmata dal giudice Andrea Di Berardino su richiesta del pm Giuseppe Falasca, controfirmata dal procuratore capo Francesco Testa.
L’indagine dei finanzieri del tenente colonnello Giuseppe Pastorelli nasce da una procedura fallimentare poi confluita in un’inchiesta per chiarire eventuali responsabilità penali sul crac di una società operante in Abruzzo, per un breve periodo del 2016, nel settore del commercio all’ingrosso della carne. Gli accertamenti dalla curatela fallimentare provano già l’inesistenza di entrambe le sedi dichiarate dalla ditta, una a Casalincontrada e l’altra a Manoppello, nonché l’impossibilità di rintracciare l’amministratore e rinvenire le scritture contabili. Le fiamme gialle, anche attraverso accertamenti bancari e riscontri su fornitori, clienti e trasportatori, scoprono un articolato meccanismo di frode in cui la società fallita era stata appositamente “interposta” tra allevatori del Cuneese e l’importante azienda pugliese attiva nello stesso settore merceologico. L’attività investigativa evidenzia che la fallita, costituita ad hoc, nei primi mesi del 2016, grazie alla conoscenza sul mercato e alla “caratura economica” della società pugliese, aveva instaurato rapporti commerciali con gli allevatori piemontesi acquistando diverse partite di merce. Nei successivi mesi, dopo aver pagato i primi ordini, l’azienda teatina è riuscita a ottenere grandi quantità di carne, per un valore di circa 900mila euro, consegnando agli ignari allevatori «assegni del tutto privi di copertura». La prosecuzione delle indagini permette di rilevare che la parte più rilevante della merce era stata destinata in Puglia nonostante fosse formalmente diretta in Abruzzo, come indicato dai documenti commerciali. Il resto è storia recente: la richiesta della procura, gli arresti, il sequestrato preventivo di 895.952,64 euro, corrispondente al valore della merce non pagata dalla società fantoccio e sottratta alla procedura fallimentare.