Migranti sfruttati nei campi, condannato ad un anno l’imprenditore agricolo

Patteggia un 54enne di Torino di Sangro: quattro operai nigeriani sottopagati e costretti a vivere in una casa fatiscente e senza neanche il bagno. Uno degli stranieri si ferì a un occhio durante i lavori
TORINO DI SANGRO . Si è conclusa con la condanna a un anno, pena patteggiata, l’udienza che si è tenuta ieri mattina davanti al giudice Fabrizio Pasquale per un imprenditore di Torino di Sangro di 54 anni, accusato di caporalato. La pena va ad aggiungersi ad una precedente condanna dell’imputato a un anno e otto mesi che risale a due anni fa. L’uomo dovrà quindi scontare una pena complessiva di due anni e 8 mesi di reclusione.
Dalla paga da fame agli orari infiniti, fino alle condizioni degradanti. Secondo gli inquirenti, l’imputato aveva orchestrato un meccanismo di abusi ai danni di quattro operai nigeriani, culminato con un incidente che ha lesionato gravemente la vista a uno di loro. Stando a quanto emerso nel corso delle indagini e valutato dalla magistratura vastese, i braccianti , dai 32 ai 44 anni venivano reclutati e impiegati approfittando del loro stato di bisogno e della loro condizione di «particolare vulnerabilità economica e sociale».
Il caporalato è una forma di sfruttamento lavorativo illegale, spesso legata al lavoro agricolo e alla manodopera stagionale, che rappresenta una delle piaghe più gravi del mercato del lavoro in Italia. E non fa eccezione l’Abruzzo.
Un lavoro massacrante tra le vigne e gli uliveti con orari estenuanti che andavano dalle sette del mattino fino al tardo pomeriggio, per una paga che gli inquirenti definiscono «palesemente difforme» rispetto agli importi stabiliti dal contratto collettivo nazionale e assolutamente non proporzionata rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato. Alla mancanza di adeguati pagamenti si univano condizioni di vita «degradanti», al limite della dignità umana. L’imprenditore è finito davanti al gip su richiesta del procuratore capo Domenico Raffaele Seccia con l’accusa di aver procurato ai lavoratori «un’abitazione fatiscente, in pessime condizioni igienico-sanitarie, priva persino di servizi igienici idonei». Un quadro decisamente critico per il quale i difensori dell’imputato, gli avvocati Antonello Cerella e Vincenzo Del Re, hanno ritenuto opportuno chiedere al giudice il patteggiamento della pena. Il pm Silvia Di Nunzio ha espresso parere favorevole e il giudice Pasquale ha accolto la richiesta. Le vittime, in particolare l’operaio ferito gravemente all’occhio, si sono costituite parte civile: a rappresentarli è stato l’avvocato Alessandro Mascitelli. Il risarcimento per loro sarà deciso in separata sede.
Sono 230mila i braccianti agricoli irregolari, secondo la fotografia scattata dall’Osservatorio Placido Rizzotto Flai-Cgil, che da anni monitora il caporalato e le agromafie nel nostro Paese. Un esercito di disperati, in gran parte costituito da migranti privi di permesso di soggiorno e per questo vulnerabili e ricattabili.