Venerdì Santo, si rinnova il mistero

In 30 mila a Chieti hanno seguito il rito della processione e della Via Crucis

CHIETI. Lieve come la brezza che accarezza il crinale del colle ma nel contempo forte come nelle corde del suo vescovo. L’incedere del corteo sacro tra il popolo degli oltre 30.000 accorsi da ogni dove per assistere alla rievocazione del mistero della passione è un caleidoscopio di emozioni: i passi sempre eguali degli incappucciati dell’arciconfraternita del Sacro Monte dei Morti guidata dal governatore Giulio Obletter, le domande sempre innocenti dei bambini che sgranano gli occhi nel seguire i simboli del martirio di Cristo, le preghiere sempre sentite di credenti e laici uniti da una lacrima di comune commozione.

Bruno Forte
raccoglie le istanze dei teatini e le spalma sulla processione più antica d’Italia (milleduecento anni di storia secondo le tesi di Luigi Vicoli, ndc) che, dopo le 19, esce dal cantiere di una cattedrale interessata dai lavori di consolidamento della cupola. Traffico bloccato dalle prime ore del pomeriggio con tanto di straordinari della polizia municipale. Che più di disciplinare una processione in senso stretto ha vigilato su una poesia trasformata in un corteo. Sfila un amico speciale sacrificatosi per noi, ha detto la domenica delle palme il francescano Lorenzo Polidoro, parroco di Mater Domini, ammonendo genitori e turisti a non trasformare la riflessione in una sagra.

L’invito non è stato recepito da tutti laddove, anche quest’anno, la vendita di palloncini e chincaglieria ha fatto registrare episodi imbarazzanti per il tono di sobrietà che la processione dovrebbe esprimere. Ma nel complesso le fondamenta del rito hanno retto la sfida del consumismo, quella citata giovedì dall’arcivescovo nella missa in «coena domini» quando Forte ha parlato di società liquida parafrasando le posizioni del sociologo polacco Zygmunt Bauman. E così, nell’ammirare l’incedere dei simboli della passione dell’artista teatino Raffaele Del Ponte (1813-1872), affianco a quanti si sentono poveri per non poter assecondare standard di vita non più proponibili, si ritrovano innanzitutto i poveri oggettivi, quelli da pensione sociale, quelli delle famiglie monoreddito per giunta ulteriormente mortificate dalla crisi della Valpescara e dal fallimento Villa Pini.

L’arcivescovo li benedice tutti per offrire ai primi uno spunto di meditazione ed un messaggio di conforto agli altri. Corso Marrucino è uno scintillare di tripodi che elevano al cielo la fiamma della speranza. Sono passati 70 anni da quel 23 marzo del 1940 in cui Attilio Crepas del quotidiano Stampa Sera pubblicò un commovente editoriale dedicato alla processione più antica d’Italia. La coltre di velluto su cui è adagiato il feretro di Cristo risale al 1930. A ricamarla furono le Figlie della carità di San Vincenzo de’ Paoli. Ha 100 anni, invece, la attuale statua dell’Addolorata, la Madonna dall’abito in seta listato a lutto.

Sfilano le congreghe delle varie contrade tra cui i chierici bianco-rossi di Santa Maria Calvona, uno dei luoghi culto di Teate Marrucinorum. Tra la gente che scatta foto per portare a casa piccoli spicchi di mistero ci sono i camperisti accorsi in città da Napoli, Frosinone, Roma su iniziativa del club teatino 4C del presidente Cesare Di Lisio. Sono rapiti dalla magia delle note del Miserere. L’ispirazione che consentì a Saverio Selecchy (1708-1788) di comporre la più coinvolgente melodia sacra del ‘700 contagia tutti.

I maestri Giuseppe Pezzulo, Loris Medoro e Silvia Di Virgilio, che coordinano i 130 musici ed i 150 cantori, sono i fedeli esecutori di quest’aria dal crescendo solenne. L’edizione 2010 sarà ricordata come la prima del neo sindaco Umberto Di Primio, la successiva a quella del 2009 quando il corteo transitò eccezionalmente per via Pianell cantando il Miserere in direzione dell’Aquila, appena martoriata dal terremoto del 6 aprile; e forse l’ultima di Bruno Forte che voci sempre più insistenti vogliono destinato ad altra prestigiosa sede.

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