Dal premio Oscar Jenkins ecco Mufasa: il Re Leone
Il 19 dicembre uscirà il prequel del classico Disney. I temi: famiglia, odio, diversità Tra le voci Marinelli («Sono un fan») ed Elodie («Ero una cucciola aggressiva»)
La famiglia su tutto, il dovere, il sogno di un mondo migliore da raggiungere, ma anche la crudeltà del potere e l’odio per il diverso, il bastardo. Non si può dire che manchino i temi in “Mufasa: il Re Leone” prequel del classico film Disney che ha fatto sognare milioni di bambini di tutto il mondo, in arrivo il 19 dicembre nelle sale italiane a firma del premio Oscar Barry Jenkins (Moonlight).
Girato tra live action e capture (ovvero leoni veri resi umani), il film racconta, attraverso Rafiki, la leggenda di Mufasa alla giovane cucciola di leone Kiara, figlia di Simba e Nala, con Timon e Pumbaa, rispettivamente un suricato e un facocero, alle prese con le loro follie piene di parole. Una storia drammatica perché il cucciolo, prima di diventare il re giusto che conosciamo, se l’è vista davvero brutta. Per un lungo periodo, causa un’inondazione, diventa infatti esule ritrovandosi nel regno di Obasa, leone aristocratico e cattivo, che lo considera un randagio che puzza, un senza patria. Per fortuna diventa amico di Taka, erede al trono di Obasa, che invece lo vede come quel fratello che non ha avuto. Queste, in estrema sintesi, le prime immagini di “Mufasa: Il Re Leone”, viste ieri in un cinema romano dove poi c'è stato l'incontro con il regista e alcune delle voci italiane: Luca Marinelli (Mufasa), Elodie (Sarabi, leonessa madre di Simba) e Alberto Boubakar Malanchino (Taka). «Quando mi hanno proposto di farlo ho detto subito no», dice a Roma Jenkins «non ne volevo sapere. Poi è stata mia moglie a convincermi così ho letto la sceneggiatura e ho scoperto che era una cosa straordinaria, la scrittura mi ha davvero conquistato». E ancora il regista: «Non so quante volte ho visto l’originale con i miei nipoti. Mi piace raccontare la storia di questo leone che sebbene adottato, è riuscito a costruirsi una nuova famiglia, un’identità, un ruolo. Questo vale anche per me. Da giovane, chi avrebbe mai immaginato che oggi sarei stato qui a presentare un film del genere?». Che si prova come autore indie ad approdare ad un franchise come hanno già fatto Chloe Zhao o Greta Gerwig? «Negli anni '60 e '70 i franchise neppure esistevano. Poi sono arrivati Terminator, Die Hard, Independence Day. Io sono cresciuto con questi film prima di approdare alla scuola di cinema».
Il futuro dell’America? Jenkins non si espone: «Siamo tutti esseri umani complessi», dice «anche i cattivi. Tutto dipende dalle scelte che si fanno e questo vale anche per gli Stati». «Sono un fan del Re Leone, avrò visto il film cento volte», racconta Luca Marinelli. «Ora i miei nipoti guarderanno per anni il film e mi toccherà fare la voce di Mufasa per mettere a letto i bimbi dei miei amici. Ci sono tante cose belle in questo film come il tema della terra promessa, ognuno deve recarsi verso il proprio Milele». Anche Eloide è davvero sorpresa di aver dato voce a un personaggio Disney: «Chi avrebbe mai immaginato un’opportunità simile! E poi mi sono sempre sentita un cucciolo di leone, che pensava che aggredire fosse il solo modo per difendersi. La mia paura è sempre stata quella di non essere all'altezza, di non essere capita». Cosa prova nell’essere divisa tra musica e cinema? «In questo momento sto studiando, quello che non ho fatto da ragazzina. Abbraccio così tutte le opportunità per esprimermi, tutto pur di superare la paura che ho avuto nella prima parte della mia vita. Il cinema ti dà grande possibilità di capire chi sei e questo è fantastico».