Dunkerque, 80 anni fa L’inizio della fine della Germania nazista 

Il salvataggio delle truppe britanniche accerchiate segnò l’avvio della resistenza all’impero del male di Hitler

Ventiquattro maggio 1940, la guerra lampo della Germania incendia l’Europa, 80 anni fa in questi giorni. Le panzerdivision del generale Guderian violentano il Belgio, ventre molle dell’Europa, schiacciando il contingente anglo - francese sulla costa, nei pressi di Dunkerque. È l’inizio della folgorante campagna di Francia. Per il British Expeditionary Force, accorso in aiuto della nazione d’Oltremanica e costretto alla ritirata – «a colossal military disaster» dirà Churchill - la salvezza è un miraggio: passa dal rimpatrio, via mare, di 350mila uomini. Guderian aspetta un segnale per fare scempio di quei sitting ducks, ma l’ordine di attaccare non arriva: Goring ha convinto Hitler che aviazione e fanteria impediranno l’evacuazione. Il pensiero dei futuri cimenti bellici fa il resto: il Fuhrer dosa le forze e trattiene i suoi carri.
Dall’altra parte della Manica, Winston Churchill è un uomo solo al comando. Il suo genio, vanitoso e umbratile, ammalia e spaventa. Se la disfatta dei Dardanelli lo segue come un’ombra, il suo acume e la sua esperienza addirittura lo precedono: quanto basta affinché Re Giorgio, in ambasce, ne appoggi la nomina a primo ministro, il 10 maggio. Il gabinetto di guerra è una polveriera. Lord Halifax, flemmatico e sparuto delfino del vecchio Chamberlain, aspirante inquilino di Downing Street, propone di negoziare con la Germania tramite i buoni uffici di Mussolini. La storia è a una svolta, la virata di Churchill è decisa. Dapprima vacilla, poi si convince che è una pessima idea: con Hitler non si tratta più. La politica del compromesso ha già precipitato l’Europa in un bagno di sangue.
“Operazione Dynamo” è il nome dato al disperato piano di rimpatrio del British Expeditionary Force da Dunkerque. Churchill, primo Lord dell’ammiragliato, lo concepisce alla fioca luce di una lampadina alimentata a dinamo, nei sotterranei del castello di Dover, a un passo dalle bianche scogliere. Mentre quella sottile e familiare striscia di mare si dilata a dismisura, il tempo s’affretta: il contingente inglese sulla spiaggia è un bersaglio inerme per la Luftwaffe di Goring e i ferali guaiti dei suoi Stuka. Contro la minaccia del cielo, dall’Inghilterra si alzano in volo sulla Manica i mitici caccia Spitfire, che danno filo da torcere all’aviazione tedesca. E, se i panzer si risparmiano per l’attacco al cuore della Francia, l’esercito della Wehrmacht è ormai dietro l’angolo, nonostante a Lilla e altrove la battaglia infuri cruenta, concedendo istanti preziosi ai soldati di sua Maestà.
La spola della Royal Navy, tuttavia, non basta. L’esercito tedesco piomba a Dunkerque e stringe la morsa attorno ai nemici, stremati e schiacciati contro la Manica, quell’antica “muraglia che difende la casa contro l’invidia di terre meno felici”. La storia, a questo punto, supera sé stessa: i cittadini mettono in salvo i soldati, il popolo inglese salpa verso l’inferno per riportare a casa i suoi figli. Tra le cacciatorpediniere si fanno strada nell’Acheronte imbarcazioni da diporto, mercantili, piccoli pescherecci, navi passeggeri. Alla radio, J.B. Priestley parlerà di una «assorted armada» e di come, a quei panfili e motoscafi delle upper class – spesso oggetto d’ironia per non essere mai andati oltre la spiaggia più vicina – fosse affidata la salvezza dell’Inghilterra.
I comandi nazisti realizzano che una simile occasione non si ripeterà e dal 1 giugno intensificano bombardamenti aerei e cannoneggiamenti via terra, costringendo la difesa anglo-francese in una ormai sottilissima striscia di costa. Il miracolo, tuttavia, si compie e, audentes fortuna iuvat, dal 27 maggio al 4 giugno l’Operazione Dynamo porta in salvo in Inghilterra quasi 340mila soldati, di cui circa 120mila francesi. Tornati a casa, il saluto all’eroe sorprende quei ragazzi che hanno in bocca il sapore della sconfitta e l’onta della fuga. Increduli, non sanno di essere i protagonisti di quel “miracolo di Dunkirk” che, nei mesi a venire, darà coraggio a una nazione intera e al suo primo ministro. Il 4 giugno, nel suo discorso alla Camera dei Comuni, Churchill pronuncerà le più travolgenti parole politiche del Novecento, incitando il suo popolo a difendere l’Inghilterra a ogni costo, a combattere ovunque, in cielo e in terra, sulle spiagge e per le strade, a non arrendersi mai. L’espressione “Spirito di Dunkirk” è usata ancora oggi, in Inghilterra, per indicare quel moto dell’animo che spinge a esaltarsi nelle difficoltà e a compiere imprese impossibili.
Alle 22.55 del 3 giugno 1940, sulle frequenze di Radio Londra, il colonnello Stevens annuncia agli Italiani che «Il nome di Dunkerque tramanderà uno degli episodi più memorabili della storia dell’esercito inglese». In quegli stessi giorni fatali di ottanta anni fa, impaziente di conquistare un “pugno di morti” per salire sul carro del vincitore, Mussolini prepara la dichiarazione di guerra contro Francia e Inghilterra. La rocambolesca ritirata anglo-francese gli era parsa, evidentemente, l’inizio della fine. Non era, invece, che la fine dell’inizio.
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