La Pinacoteca di Teramo racconta i suoi tesori  

Prende il via oggi un ciclo di incontri con critici sulle opere del museo civico Il curatore Papetti: «Ci rivolgiamo a un pubblico di tutte le età e formazioni»

Un museo non è solo un luogo di conservazione delle opere, con una funzione non dissimile da quella di un magazzino; è invece il luogo in cui le opere vivono e vanno viste dal pubblico. Con questo fine il Comune di Teramo, con l’aiuto della Fondazione Tercas, ha organizzato il ciclo di incontri “La Pinacoteca si racconta”, otto conversazioni sui tesori della galleria civica di viale Bovio, tenute da altrettanti esperti.
L’iniziativa parte a quasi un anno dal riallestimento della Pinacoteca (la riapertura fu il 21 dicembre) ordinato dallo storico dell’arte Stefano Papetti, curatore delle raccolte ascolane e docente nell’università di Camerino, incaricato dall’allora assessore alla cultura Luigi Ponziani. Il nuovo assessore Andea Core e il sindaco Gianguido D’Alberto hanno proseguito la preziosa collaborazione col professor Papetti, che ha scelto temi e relatori degli otto appuntamenti, in programma da novembre a maggio.
«L’anno scorso c’è stata la riapertura parziale della Pinacoteca, con una selezione delle tante opere che essa contiene» ha precisato lo storico dell’arte presentando l’iniziativa con gli amministratori e con Enrica Salvatore, presidente Fondazione Tercas.
Opera simbolo della riapertura e immagine guida anche di questo ciclo di conversazioni “La Madonna del melograno”, polittico della metà del Quattrocento attribuito a Giacomo da Campli. Intorno al prezioso dipinto, che al pianterreno della galleria accoglie i visitatori, una cinquantina di opere scelte da Papetti dalla vasta collezione permanente e ordinate in un percorso antologico e cronologico che abbraccia cinque secoli, fino ai contemporanei Crocetti, Melarangelo, Montauti, passando per il caravaggesco Mattia Preti e i maestri del Sei-Settecento napoletano (Giordano, Solimena, De Mura) e dell’Ottocento abruzzese (Patini, Celommi, Pagliaccetti, Cascella, Della Monica).
«Nei musei sono decontestualizzate le opere esposte, provenienti da chiese, palazzi, collezioni. Necessitano quindi di essere raccontate. Un racconto che ricostruisca il loro contesto, la provenienza, la personalità dell’artista, il suo modo di lavorare», ha aggiunto Papetti. «I narratori sono stati scelti tra i maggiori esperti nel loro ambito, privilegiando i narratori avvincenti, in grado di catturare l’attenzione di chi ascolta». Particolare non secondario, considerando che “La Pinacoteca si racconta” si rivolge a un pubblico di tutte le età e formazioni culturali.
La prima conversazione è in programma oggi, inizio alle 17.30 (come per gli altri appuntamenti): Luca Pezzuto, docente dell’università dell’Aquila, parlerà “Attorno al Maestro dei polittici crivelleschi”, nome convenzionale coniato mezzo secolo fa da un grande storico dell’arte, l’aquilano Ferdinando Bologna, per un artista anonimo del Quattrocento vicino a Carlo Crivelli.
Stefano Papetti il 3 dicembre parlerà dell’iconografia della Madonna del Latte nell’arte italiana del Tre-Quattrocento, partendo da una tavola della scuola di Giacomo da Campli. Francesco Petrucci, direttore di Palazzo Chigi ad Ariccia, esperto di pittura barocca, tratterà il 13 dicembre dei pittori Corrado Giaquinto e Francesco Trevisani, esponenti del Settecento rococò, ampiamente presente nella Pinacoteca di Teramo. Da definire le date per gli incontri del 2020. Il calendario proseguirà con le conversazioni delle storiche dell’arte Ida Quintiliani (che parlerà di arte contemporanea) e Raffaella Morselli, professore ordinario di Storia dell’arte moderna nell’università di Teramo (che illustrerà dipinti di scuola bolognese del Sei-Settecento). Ci saranno poi Michele Maccherini, docente dell’ateneo aquilano, ancora il professor Papetti e un ultimo ottavo incontro. «La nostra amministrazione, sin dal suo insediamento, ha fatto della valorizzazione del patrimonio artistico e culturale della nostra città una priorità assoluta», hanno ribadito assessore e sindaco. «Il museo non deve essere percepito come luogo polveroso, ma come luogo attraente per un pubblico diversificato, che possa diventare parte attiva nel processo di condivisione del retaggio culturale di Teramo».
©RIPRODUZIONE RISERVATA