Spinori, il magistrato che ama l’opera 

In “Un cuore sleale” torna il personaggio di origini nobili che indaga sull’omicidio di un palazzinaro

ROMA. Un mare invernale, grigio e dalle onde alte sotto un cielo, nei giorni tra Natale e Capodanno, umido e nuvoloso, salvo qualche squarcio da cui fa capolino un sole fiacco è lo sfondo di questo romanzo, quasi la scenografia dipinta di un'opera, visto che il protagonista è sicuro che la vita sia un melodramma, una storia seria con al centro i grandi temi: dall'amore, al potere, alla morte, cui la musica regala momenti di verità. Il sostituto procuratore Manrico Spinori, che Giancarlo De Cataldo sta avviando a divenire un personaggio seriale, ponendolo al centro di un secondo romanzo a pochi mesi da «Io sono il castigo», è talmente caratterizzato da questa sua passione che ha la sicurezza di aver trovato la soluzione di un caso solo quando questa coincida con gli avvenimenti di un'opera lirica. Che, come scopriremo alla fine, trattandosi di una «storia di maschere e di intrighi, di tradimento, di slealtà», sarà in questo caso il verdiano «Un ballo in maschera». Manrico Spinori della Rocca, magistrato e uomo tutto d'un pezzo che, quando un capo gli vuole sottrarre un'indagine, protesta mettendosi in ferie e compilando la domanda di trasferimento, ha una ex moglie che vive in America, un figlio, e una relazione con Maria Giulia (naturalmente conosciuta una sera a teatro). Viene colorito dall'essere di famiglia nobile (tanto che è detto “il Contino”), ma decaduta, anche per colpa della madre ludopatica, donna Elena, servita dal fedele cameriere Camillo, accondiscendete per affetto. E se questo è il protagonista, la vittima è Ademaro, anche lui dal nome verdiano, ma dal cognome più popolare, Proietti, per riportarci alla realtà romana e a quella Roma corrotta, popolaresca e sempre più violenta che fa da sfondo prediletto ai racconti a tinte nere di De Cataldo.
Proietti è un palazzinaro le cui fortune, come speso accade, hanno inizi assai poco limpidi, ma poi sono state accresciute con abilità sino a farlo divenire uno dei moderni re della città. Durante una gita a Ponza su un lussuoso yacht in compagnia dei tre figli, del genero, del capitano e di un marinaio, Proietti scompare in mare dopo avere molto bevuto, mentre tutti erano nelle loro cabine a dormire. L'ipotesi dell'incidente è da subito la più accreditata, da Spinori e dagli altri pm allertati attorno al caso, perché è difficile stabilire di chi sia la competenza territoriale. Ma a collaborare con lui, oltre a Gavina Orru, maga del web e dei pc, e alla segretaria Brunella Vitale, divisa tra il lavoro e i suoi guai matrimoniali, c'è la romanissima, un metro e ottanta di tatuaggi e muscolatura, ispettrice di polizia Deborah Cianchetti, che ha sempre una curiosità e un sospetto in più. Questi troveranno conferma quando le onde rigetteranno a riva il cadavere del povero Proietti e l'affascinante anatomopatologa Stella, che arriva sempre in sella alla sua grande moto, avrà compiuto la propria indagine. Se di delitto, come pare, si tratta, allora l'assassino, come nella più classica delle situazioni, non può che essere uno di coloro che erano in barca quella notte al largo delle coste laziali. E così, andando a fondo e sollevando veli, ecco che vengono alla luce veleni, odi, ambizioni e avidità conditi dalla necessaria nota sessuale, di una famiglia (e un'impresa) assai diversa da quel che appariva all'esterno. E ci vuole l'intuito, la conoscenza dei risvolti psicologici del melomane Manrico, per scartare le false piste e, prendendosela con certi aspetti dell'attività giudiziaria, dell'informazione e la volgarità e miseria della società odierna, arrivare a una precisa conclusione,