Vittorio Gassman gigante inarrivabile

1 Settembre 2022

Cento anni fa nasceva il Mattatore di cinema e teatro

Quella di oggi, 1° settembre, quest’anno non è una data come un’altra: Vittorio Gassmann compie cent’anni ed è l’occasione in cui tutta la cultura italiana può restituirgli il prestigio che spesso gli è stato negato a vantaggio di un successo popolare guardato con sospetto dagli intellettuali.
In realtà durante tutto l’anno le celebrazioni sono state numerose, culminate nella mostra all’auditorium di Roma e nell’intitolazione di un lungotevere, unico attore insieme ad Anna Magnani e Marcello Mastroianni a figurare due volte nella toponomastica della Capitale. La Mostra del Cinema di Venezia saluterà il suo compleanno (e quello dell’amico e collega Ugo Tognazzi), presentando la versione restaurata di uno dei capolavori della coppia, “La marcia su Roma” di Dino Risi. Ma chi era veramente Vittorio Gassmann, nato alla periferia di Genova (a Struppa) il 1° settembre 1922 e morto nel sonno nella sua casa romana il 2 giugno del 2000?
Personalità contrastata, psiche probabilmente bipolare, formazione classica, perfezionista nel lavoro, irrequieto nella vita e negli amori, questo e tanto altro fu Vittorio, il Mattatore. Come lui nessuno sulla scena italiana, anche se si considerava con autoironia erede dei grandi capocomici, avendo sposato Nora, la figlia di Renzo Ricci. Formatosi all’Accademia Silvio d'Amico, nel 1943 debutta in teatro con “La nemica” di Niccodemi al fianco della grande Alda Borrelli per fare poi compagnia con Ernesto Calindri e Tino Carraro all’Eliseo. Nel suo passato ci sono l’eredità dei genitori (il padre un ingegnere civile tedesco, la madre ebrea pisana), un anno dell’infanzia vissuto a Palmi nel quartiere Ferrobeton progettato dal padre, il diploma di maturità classica al romano Liceo Tasso e una promettente carriera come giocatore di basket coi suoi 187 centimetri d’altezza. Subito dopo la Liberazione comincia a segnalarsi con ruoli da antagonista o bel tenebroso. Ben presto in teatro, anche grazie alle scelte di Visconti che lo avvia sia al teatro classico che moderno (“Un tram che si chiama desiderio”) insieme a Paolo Stoppa e Rina Morelli, è una star mentre al cinema nonostante titoli importanti (“Riso amaro”) dovrà aspettare la fine degli anni ’50 per avere il primo nome in cartellone.
Succede quando Mario Monicelli scopre il suo talento comico con “I soliti ignoti” del ’58 e da allora si passerà di trionfo in trionfo anche per la capacità dell’attore di mimetizzarsi nelle diverse facce dell’italiano: personalità istrionica, duttilità nella dizione di ogni dialetto, fisico prorompente, Vittorio Gassman (nel frattempo il cognome ha perso l’ultima lettera) entra nel club dei «colonnelli della commedia». Prenderà il soprannome celebre di Mattatore dopo il successo dell’omonimo programma tv del 1959. Da attore drammatico ha grandi conferme internazionali dopo “Guerra e pace” di King Vidor (1956), ma sono le commedie e il sodalizio con registi come Risi, Monicelli, Scola a costruire il suo mito; forse anche per questo non lascerà mai il teatro vestendo qui i panni classici che più amava, tra la tragedia greca e Shakespeare. Fare la lista dei suoi capolavori è perfino imbarazzante da “La grande guerra” (Mario Monicelli, 1959) a “Il sorpasso”(Dino Risi, 1962, il suo ruolo più amato e ricco di sfumature) da “I mostri” (Risi, 1963) a “L’armata Brancaleone” (Monicelli, 1966), fino a “C’eravamo tanto amati” (Ettore Scola, 1974). Non mancano film drammatici come “Caro papà”, “Il deserto dei tartari”, “La terrazza” e soprattutto “Profumo di donna” che gli vale la Palma d'oro a Cannes. È solo uno dei tanti riconoscimenti che teneva in casa come soprammobili, dai 9 David ai Nastri d’argento, Grolle e Globi d’oro fino al Leone alla carriera della Mostra di Venezia nel 1996.
Con lui è stato più avaro il cinema internazionale nonostante la stima di autori come Altman. Forse lui per primo era intimidito da contesti che non controllava appieno e cercava sempre nel palcoscenico la strada di casa. Così è stato del resto il suo «autunno da patriarca» quando diradò i set (memorabile però la sua interpretazione ne “La famiglia” di Scola) per rifugiarsi nei recital di poesie, nella formazione dei giovani attori (la sua “Bottega” diretta a Firenze dal ’79 al ’91), nelle letture dantesche. Tempestosa la vita sentimentale. con tre mogli (dopo Nora Ricci, l’americana Shelley Winters e Diletta d'Andrea), tre compagne amatissime (Juliette Mayniel, Anna Maria Ferrero, Annette Stroyberg), 4 figli da madri diverse. Oggi appare un gigante inarrivabile. Ma è la sua meravigliosa unicità che lo rende adesso più moderno di quando mieteva successi a passo di carica.