L'AQUILA

A24-A25, protesta dei sindaci ai caselli contro aumento pedaggi

Oltre 100 amministratori abruzzesi e laziali scendono in strada contro l'aumento del 34,75% che potrebbe scattare dal primo luglio

L'AQUILA. Sindaci e amministratori abruzzesi e laziali tornano a protestare fuori dai caselli autostradali contro il caro pedaggi sulle A24 e A25: i rappresentanti del comitato che da quattro anni si oppone agli aumenti hanno organizzato  presidi agli svincoli per sensibilizzare gli automobilisti contro l'aumento del 34,75% che potrebbe scattare dal primo luglio.

Alla protesta hanno partecipato oltre 100 fra sindaci e amministratori locali. Presenti anche alcuni parlamentari.

I presidi di due ore, dalle 10 alle 12, sono stati ai caselli di Castel Madama, Vicovaro-Mandela, Carsoli, Magliano dei Marsi, Celano-Aielli, Pescina, Cocullo, Sulmona-Pratola Peligna, Colledara-San Gabriele, Tornimparte e Valle del Salto.

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"Non avendo una rete ferroviaria efficiente verso Roma, i pesanti aumenti di pedaggio prospettati da Strada dei Parchi rappresenterebbero un aggravio insostenibile per i lavoratori pendolari, quindi il ministro Giovannini e il presidente Draghi dovranno ascoltarci." Lo ha dichiarato il coordinatore regionale di Forza Italia, il senatore Nazario Pagano, a margine delle manifestazioni che si stanno tenendo, questa mattina, nei pressi di dodici caselli autostradali del Lazio e dell'Abruzzo contro il caro pedaggi e la sicurezza sull'autostrada A24 e A25. "Per calmierare i prezzi e scongiurare gli aumenti- ha aggiunto Pagano- servirebbe un accordo chiaro tra la società concessionaria e il Governo affinché si comprenda che queste tratte autostradali sono utilizzate in larga misura da lavoratori pendolari, che non possono assolutamente sostenere un aggravio di costi di trasporto così oneroso".

"Desidero manifestare la mia completa adesione alla manifestazione di protesta dei sindaci e dei cittadini di Abruzzo contro il caro pedaggi per l'A24 e l'A25. E' assolutamente necessario arrivare ad una discussione frontale con il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti per chiedere e ottenere la ridiscussione totale degli impianti contrattuali del 2001", dice Luciano D'Alfonso, presidente della Commissione Finanze e Tesoro del Senato. "Purtroppo tutto dipende da quella pagina sbagliata scritta nel 2001 con la gara d'appalto - sottolinea l'esponente dem - che ha fatto in modo che il ripagamento del funzionamento dell'autostrada gravasse interamente sulle spalle degli utenti. Non può più essere da sola la tariffa a pagare l'intero costo dei lavori di manutenzione di un'autostrada di montagna onerosissima: c'è bisogno di determinare un nuovo strumento contrattuale a tutela degli utenti che sappia trasferire un pezzo dell'onere di questa autostrada sulla finanza pubblica. Ma vi è anche l'altro grave fardello, in grado di far crescere all'infinito i pedaggi, costituito dalla nota delibera Cipe che ha previsto, a monte, la garanzia che i dividendi di risulta della gestione di Autostrade per l'Italia debbano essere di un miliardo di euro l'anno: come se alla controparte di un contratto di locazione si garantisse assurdamente l'ammontare minimo dell'affitto indipendentemente dal numero dei metri
quadri. Ribadisco - conclude D'Alfonso - che questa sbagliatissima delibera Cipe va assolutamente impugnata dinanzi al Tar del Lazio". 

Interviene anche Camillo D'Alessandro, deputato di Italia Viva. "Sto e siamo dalla parte dei sindaci, dei cittadini e del buon senso. Ora basta, la convenzione che scarica sulla tariffa gli oneri manutentivi oltre ad essere scandalosa è insostenibile. Cambiano i governi, il legislatore a più riprese è intervenuto per evitare l'aumento automatico delle tariffe, ma non si supera l'attuale convenzione che si basi su un nuovo Piano Economico e Finanziaria dal quale sia liberi la tariffa dai costi della manutenzione insostenibili".