Accetta un passaggio dal padre ma c’è il divieto di avvicinamento: arrestato

Un 20enne doveva presentarsi in tribunale ma non aveva l’auto: le indagini a suo carico per maltrattamenti in famiglia ai danni dei suoi genitori
L’AQUILA. Era stato colpito da un divieto di avvicinamento in attesa della conclusione delle indagini a suo carico per maltrattamenti in famiglia ai danni dei suoi genitori. Tanto che, ieri, un ragazzo di circa vent’anni e relative parti offese dovevano recarsi in tribunale per l’incidente probatorio. Solo che il giovane non aveva la possibilità di raggiungere il palazzo di giustizia in autonomia. Così è stato proprio il padre a offrirsi di dargli un passaggio. Perché, prima ancora di considerarsi parte offesa, resta pur sempre un genitore pronto a farsi in quattro per il suo ragazzo. Figuriamoci quando si tratta di dargli giusto uno “strappo”. Così il ragazzo sale in macchina ed ecco che scatta il blitz dei carabinieri, con il giovane colto in flagranza a violare il decreto di avvicinamento impostogli dal giudice, quella distanza di diverse centinaia di metri che invece si riduce a pochi centimetri, gli stessi che intercorrono tra guidatore e passeggero. Tanto che a dare un passaggio al ragazzo in tribunale alla fine ci pensano direttamente gli stessi carabinieri, che però lo scortano al cospetto del giudice Tommaso Pistone, pronto a processarlo per direttissima.
«Sebbene il comportamento dell’imputato rientri a pieno titolo nella violazione del divieto di avvicinamento», ha spiegato il giudice dopo aver ascoltato la versione del genitore, «si tratta in ogni caso di una violazione non grave, perché commessa su iniziativa del padre, alla sola presenza di quest’ultimo e in circostanze di assoluta serenità. Deve», inoltre, «rilevarsi che il padre dell’imputato ha specificato che, in relazione al procedimento per il quale è in essere la misura, per quanto fosse a conoscenza della propria qualifica di persona offesa, non si è mai ritenuta tale, atteso che la maggior parte delle condotte poste in essere dal figlio siano state commesse da questi nei confronti della madre». Pertanto, «considerata la portata offensiva minima della condotta», e «considerata l’assenza di arbitrarietà nel comportamento dell’imputato», lo assolve dichiarandolo non punibile. L’imputato era difeso dall’avvocato Luigi Caccia.
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