dopo il sisma

Anziani sfollati pagano l’hotel per non andare via

Rocca di Mezzo, in cinque verseranno 15 euro al giorno. Il sindaco Di Ciccio: trovata una soluzione per integrare il contributo Cas

ROCCA DI MEZZO. Vai a spiegare a Maria, Carmelina, Giovanni e a Felice e Rosa (sposati da una vita) tutti sopra gli 80 anni, tranne uno che ha 79 anni, di lasciare le strutture alberghiere in cui hanno vissuto da quando il terremoto ha distrutto le loro case. Per i cinque rocchigiani gli alberghi in cui vivono da quasi sei anni sono diventati non solo la loro casa, ma il luogo in cui sono stati accolti, coccolati, curati, e in cui hanno potuto tutti i giorni contare sulla parola di qualcuno. Il luogo in cui hanno giocato a carte e socializzato, dormendo in stanze pulite senza l’incombenza della gestione domestica o della spesa quotidiana. Che sono fatiche non da poco per persone anziane e sole. I cinque pensionati sono fra quei 28 cittadini sfollati del cratere ospitati in strutture alberghiere fino a qualche settimana fa a spese dello Stato. Una questione sollevata dal dirigente regionale Altero Leone, che in una nota inviata ai Comuni ospitanti (L’Aquila, Rocca di Mezzo, Bussi sul Tirino, Collepietro e Teramo) ha chiesto conto della situazione. In particolare, di conoscere i requisiti assistenziali di tali cittadini e anche di verificare l’esistenza di altre modalità per assistere coloro che hanno perso la casa con il terremoto.

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E proprio sulla competenza dei controlli dei requisiti è polemica tra il Comune dell’Aquila e la Regione. L’assessore all’Assistenza alla popolazione, Fabio Pelini, insiste sul fatto che «è ormai dal 2012 che il Comune non cura più la contabilità del settore» e, dunque, «il controllo è competenza della Regione». Sull'argomento Pelini dirà di più questa mattina, in una conferenza stampa convocata per fare il punto sull’assistenza alla popolazione. Intanto, Maria e gli altri anziani rocchigiani in realtà non sono più in assistenza alberghiera dal primo febbraio: dalla data che la Protezione civile, in una nota, ha indicato ai Comuni per la fine improrogabile di questa forma assistenziale. «Sono stato proprio io a convocare i cinque assistiti», spiega il sindaco Mauro Di Ciccio, per il quale quelle persone non sono pacchi da spostare da una parte all’altra. «Mi sono trovato davanti persone anziane e sole, alcune anche con problemi di salute legati all’età», racconta. La legge parla chiaro: stop all’assistenza alberghiera, da sostituire con il contributo per l’autonoma sistemazione (il Cas) o con l’affitto concordato. I cinque pensionati dove sarebbero andati? Chi si sarebbe preso cura di loro? «Ci siamo guardati in faccia, gli albergatori e io», prosegue Di Ciccio, «e abbiamo trovato una soluzione che non scontenta nessuno: i cinque sfollati restano in albergo, ma lo pagano con il Cas e con l’aggiunta di una integrazione giornaliera di 15 euro». E così, gli sfollati rocchigiani restano nelle strutture alberghiere, che sono l’hotel Vitalba e la Casa riposo e spiritualità gestita dal parroco: la stessa che l’anno scorso ospitò quattro giovani nigeriani (tra cui una donna incinta) sbarcati a Lampedusa con i barconi dei disperati. «I gestori delle strutture ricettive hanno mostrato sensibilità nei confronti degli sfollati», aggiunge Di Ciccio. Intanto i due albergatori di Rocca di Mezzo aspettano ancora il pagamento di oltre centomila euro di arretrati dallo Stato proprio per il mantenimento dei cinque sfollati.

Marianna Gianforte

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