Appalti in zona rossa, ricorso al Tar

Un ricorso al Tar del Lazio firmato da 33 avvocati aquilani proprietari di edifici in centro per sospendere la norma sull’affidamento degli appalti: facoltà che, a loro dire, spetta a chi possiede il diritto di proprietà. Chiedono di disapplicare una norma delle linee guida sulla ricostruzione

L'AQUILA. Un ricorso contro un aspetto importante delle linee guida sulla ricostruzione è stato presentato al Tar del Lazio da 33 avvocati aquilani proprietari di edifici in centro: nel mirino la norma sull'affidamento degli appalti, facoltà che a loro dire spetta ai privati.

IL DOCUMENTO. Il ricorso, che è stato redatto dall'avvocato aquilano Cesidio Gualtieri e condiviso da una trentina di colleghi, chiede nello specifico ai giudici romani, di disapplicare le linee guida sulla ricostruzione (decreto 3 del 9 marzo 2010) limitatamente alla parte in cui prevede che «l'approvazione dei piani di ricostruzione equivale a dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità delle opere previste nel piano di ricostruzione».

Va precisato che il ricorso è stato fatto dagli avvocati nella specifica veste di titolari dei vari immobili danneggiati dal sisma e nella vicenda non si inseriscono i consorzi anche se alcuni dei ricorrenti ne fanno parte. La contestazione, sulla scorta della suddetta premessa, poggia sulla violazione del diritto di proprietà «laddove si dispone che sui propri privati immobili sia apposto un vincolo preordinato alla espropriazione e che il loro recupero (sulla scorta della dichiarazione di pubblica utilità e urgenza) debba avvenire attraverso l'affidamento dei lavori da parte di un soggetto pubblico». «Questo comporta» ed è il nocciolo del ricorso «la privazione per i proprietari della facoltà, intrinseca al potere dominicale, di curare direttamente il recupero dei propri beni». Si contesta, dunque, la violazione di princìpi costituzionali in tema di limitazioni del diritto di proprietà. «L'avere ignorato» è scritto nel ricorso amministrativo, «la distinzione tra piani di ricostruzione e piani di ricostruzione in centro storico, escludendo che i secondi possano avere portata di piani particolareggiati, esclude che possa invocarsi,a sostegno della dichiarazione di pubblica utilità che la loro approvazione comporterebbe, l'articolo 12 del dpr 327 del giugno 2001».

L'OBIETTIVO. Nella sostanza il ricorso ha lo scopo di evitare che vengano adottate procedure pubbliche e gare europee che comporterebbero operazioni complesse, lente, ingovernabili e soprattutto facilmente oggetto di ricorsi alla magistratura amministrativa cosa che causerebbe, secondo gli avvocati aquilani, solo ritardi nelle opere che già si prevedono molto problematici. Si cerca, dunque, di affidare direttamente i lavori a ditte scelte dagli interessati (tra quelle abilitate visto che si tratta di appalti milionari) seguendo, ovviamente, tutti i percorsi previsti dalle leggi. Insomma gli appaltanti devono essere i privati. La stessa cosa che è successa, tanto per fare un semplice esempio, per chi ha riparato le abitazioni inagibili che sono state classificate B: sono stati i condomini stessi a scegliere le ditte affidatarie dei lavori.

TEMPI. Ancora non sono noti i tempi dell'esame di questo ricorso dai giudici romani visto che l'atto è stato presentato alla loro attenzione soltanto il 4 maggio. Il ricorso è stato notificato anche all'avvocatura dello Stato, alla Regione, alla presidenza del consiglio e al Comune dell'Aquila.

I RICORRENTI
. Il ricorso, come detto, è stato firmato da un folto gruppo di avvocati aquilani la maggioranza dei quali oltre a possedere alcuni immobili in centro storico, aveva in quella zona anche storici studi legali che ora sono seriamente danneggiati. Solo alcuni di essi hanno potuto recuperare subito i loro archivi e gli atti. Ci sono anche che casi beffardi: i locali degli studi legali sono apparentemente intatti e non ci sono nemmeno crepe sui muri ma soggiornare in quegli edifici della zona rossa è comunque troppo rischioso per avere una parziale agibilità.

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