Bancarotta da oltre un milione: due imprenditori ai domiciliari

Il crac Maira ricostruito dalle Fiamme gialle che hanno accertato il coinvolgimento di altri 3 indagati. Contestate dichiarazioni fiscali mendaci e divergenze tra dati contabili e movimentazioni bancarie
CASTELVECCHIO SUBEQUO. Arresti domiciliari per Gabriele Arrotino, imprenditore originario di Castelvecchio Subequo e Luigi Ammendola di Torre del Greco, entrambi indagati per bancarotta fraudolenta che, secondo la Procura di Pescara, ammonta a circa un milione di euro.
La misura cautelare è stata disposta dal gip Maria Carla Sacco, al termine dell’interrogatorio di garanzia che è stato celebrato lo scorso lunedì. Il pm, Fabiana Rapino, aveva chiesto la custodia cautelare in carcere. Per il gip, che ha esaminato gli atti, «ricorrono gravi indizi di colpevolezza a carico degli indagati, il primo socio e l’altro amministratore della società, mentre appare più congrua per le esigenze cautelari la misura degli arresti domiciliari». Il provvedimento è stato notificato ieri ai due imprenditori, finiti nel mirino della Fiamme gialle titolari delle indagini, assieme alla Maira srl, una società che commercializzava prodotti di abbigliamento a Pescara. Nata nel 1992 come commercio al dettaglio di abbigliamento, nel 2007 la società cambia proprietà per passare nel 2019 ai due attuali imprenditori di cui uno ne acquista tutte le quote sociali. Borgorose in provincia di Rieti, Scurcola Marsicana e Rocca di Mezzo le località dove vengono aperti tre negozi, attività dalla vita brevissima. I fatti contestati vanno dal 2020 al 2023, quando per la Maira venne dichiarata aperta la liquidazione giudiziale dal tribunale di Pescara con sentenza dell’11 maggio 2023.
Ma le indagini dei finanzieri sono andate a ritroso e hanno accertato una serie di irregolarità riportate nella loro informativa. Oltre ai due imprenditori figurano altri tre indagati, dipendenti assunti, a detta della procura, in maniera fittizia per intascare la disoccupazione.
«La documentazione analizzata evidenzia un quadro di gestione societaria assolutamente irregolare, caratterizzato da bilanci e dichiarazioni fiscali falsificati; mancanza di una sede operativa e di un’attività commerciale strutturata; anomalie nei passaggi societari e nei tempi di registrazione ufficiale; divergenze tra i dati contabili dichiarati e le reali movimentazioni bancarie; totale assenza di versamenti fiscali per imposte dovute», scrive la procura nella richiesta di misura cautelare, disegnando un quadro della società piuttosto chiara. «Una struttura societaria artificiosamente costituita e diretta da un unico centro decisionale, finalizzata all’evasione fiscale, al mancato assolvimento degli obblighi tributari, al conseguimento illecito di profitti mediante l’omessa contabilizzazione e dichiarazione di ricavi, l’indebita detrazione dell’Iva, nonché mediante la sistematica predisposizione di bilanci falsi propedeutici all’ottenimento di corposi finanziamenti pubblici». Ma si parla anche di partecipazione a fiere e mostre in paesi extra UE, in Albania, partecipazione a fiere in Russia e altro ancora.
I due imprenditori, difesi dagli avvocati Alberto Paolini e Vincenzo Margiotta, sono pronti a respingere le accuse in tutte le sedi. Arrotino si era avvalso della facoltà di non rispondere mentre Ammendola aveva spiegato di «non avere i rudimenti e i meccanismi per gestire una società e di essere stato tenuto all’oscuro di tutto».
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