Bancarotta per sette milioni, ex titolare Otefal a processo all’Aquila

Udienza il 20 aprile 2017. Il rinvio a giudizio dopo una grave crisi che mise l’azienda in ginocchio. La fabbrica è stata rilevata prima da un gruppo siriano e ora riparte con una nuova cordata

L’AQUILA. La crisi aziendale che ha portato al fallimento della ditta Otefal, che operava nel settore della lavorazione dell’alluminio, ha anche una coda giudiziaria. Il gup del tribunale Giuseppe Romano Gargarella ha rinviato a giudizio l’imprenditore che era alla guida dell’azienda, accusato di bancarotta fraudolenta per oltre sette milioni in riferimento al fallimento decretato dal tribunale.

Si tratta di Luigi Pozzoli, al quale sono state fatte pesanti contestazioni, da lui respinte. Il pm Stefano Gallo ha contestato la distrazione illecita, a favore di un’altra società, di due finanziamenti destinati alla Otefal per poco più di sette milioni di euro a scapito dei creditori dell’azienda. Gli sono stati poi contestati altri episodi, di minore rilievo, riguardanti la bancarotta semplice: non aver adempiuto a obbligazioni assunte su decisione del tribunale e avere compiuto operazioni discutibili finalizzate a ritardare il fallimento. Il processo ci sarà davanti al tribunale in composizione collegiale il 20 aprile del prossimo anno.

Nel corso dell’udienza preliminare il difensore dell’imputato, Attilio Cecchini, ha sostenuto che le accuse fossero generiche e che le carte della Finanza non erano state fatte proprie e rielaborate a sufficienza dalla Procura. Pozzoli, che era presente all’udienza, ha affermato che se ha commesso errori lo ha fatto in buona fede precisando di non essere un tecnico della materia amministrativa per cui le decisioni le adottava dopo avere sentito il parere dei consulenti e del cda. Inoltre, i problemi sono stati resi insuperabili dalla crisi susseguente al sisma.

La Otefal, che nel periodo migliore dava lavoro a 170 persone, andò lentamente verso il fallimento e una prima àncora di salvezza fu rappresentata da una cordata siriana che sembrava molto interessata. Ci fu un’asta e l’azienda, tramite tribunale, fu commissariata e data in affitto ai siriani con l’impegno di comprare il sito e ricollocare gli operai.

Ma dopo un anno e mezzo questi investitori ritennero di farsi da parte e allora subentrarono gli attuali gestori del sito. Si tratta di una società denominata Ala (estranea alle accuse) formata da imprenditori di Varese e Chieti. Il piano di assunzioni prevedeva la ricollocazione nel reparto laminatoio, entro dicembre scorso, di 50 dei 170 dipendenti in mobilità. I cinquanta stanno lavorando, ma ora si spera che, in un futuro non lontano, anche altri operai possano tornare in fabbrica. Del resto, in occasione dell’insediamento della nuova proprietà, si annunciò che la fabbrica, a pieno regime, avrebbe potuto dare lavoro a 170 persone, lo stesso numero di addetti che ci fu nel periodo di maggior splendore dell’azienda di Bazzano.

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