Bertolaso, ritorno ad alta tensione: un familiare delle vittime accusa

14 Giugno 2025

L’ex capo della Protezione civile alla presentazione del libro di Picuti, all’epoca pm al processo Grandi rischi. Le rassicurazioni alla popolazione, la telefonata prima della grande scossa, la sentenza con una condanna

L’AQUILA. «Oggi si è parlato solo del post-sisma, che è facile, e non del prima, che è molto più difficile». Parla così Vincenzo Vittorini, che ha perso moglie e figlia nel terremoto dell’Aquila del 6 aprile 2009, nello scontro verbale ad alta tensione avvenuto nel corso della presentazione di “John 3.32”, il libro sugli anni del terremoto scritto dal magistrato Fabio Picuti, che ha rappresentato la pubblica accusa nel processo “Grandi rischi” e che ha visto coinvolto, dal lato degli imputati, anche l’altro protagonista del palco dell’aula magna della Scuola ispettori e sovrintendenti della Guardia di finanza di Coppito: Guido Bertolaso. L’allora responsabile della Protezione fu assolto nel 2016 da tutte le accuse.

Ma non per tutti la verità processuale è sufficiente a mettere un punto fermo. A moderare c’è il caporedattore del Tgr Abruzzo Paolo Pacitti. Dopo anni Bertolaso torna in quella che è stata la base operativa della Protezione civile nelle fase emergenziale dopo il sisma. «Tornare qui significa riprovare quell’emozione che vivo ogni giorno», racconta dal palco Bertolaso, «e con essa quella domanda che non manco mai di farmi: avrei potuto fare qualcosa in più? Da quel 6 aprile 2009 percorriamo sentieri inesplorati, domande a cui non riusciamo a darci risposta».

«È vero, chiunque ha vissuto quell’esperienza è segnato da quell’evento», continua Picuti, «si sarebbe potuto fare di più? Ma devo dire una cosa: questo libro non nasce dall’esigenza di dare una risposta, ma di ripercorre questi sentieri con i lettori. Volevo che fossimo tutti parte di questo cammino». A scrivere è un magistrato, ma questo libro «nasce dalle testimonianze che ho visto e letto nelle carte processuali, ma di cui ho eliminato la parte giuridica», prosegue Picuti, «a me non piace l’idea del magistrato che fa un processo in aula e poi ci scrive un libro, ma in questo caso era diverso. In quelle testimonianze io ho visto un aspetto così intimamente umano che ho pensato che non potesse essere lasciato nei faldoni del tribunale. Doveva essere raccontato, doveva essere condiviso».

C’è un momento che segna lo spartiacque di questa presentazione. Da questo punto in poi, cambia l’atmosfera dell’aula. Pacitti decide di invertire i ruoli: «L’ex indagato ora fa la domanda al magistrato». A quel punto Bertolaso tira fuori l’intercettazione con l’allora assessore regionale alla Protezione civile, Daniela Stati: «Io la sgrido per quello che aveva detto prima e dico che non ci sarebbero mai più state scosse di terremoto. Adesso mando la commissione grandi rischi così facciamo quest’operazione mediatica. Così nasce lo scandalo».

«Ma quell’intercettazione nasce da un altro caso», prosegue, «che non era utilizzabile in questo processo a meno che io – così mi aveva detto l’avvocato – non ne avessi parlato pubblicamente. Allora io consapevolmente vado in televisione a parlarne. In altre parole, mi sono volontariamente autodenunciato. E poi, nel processo, quando mancavano cinque giorni all’archiviazione, ho scelto di rinunciare al testo a difesa purché arrivasse prima la sentenza. E sono stato assolto». A questo punto Vincenzo Vittorini si alza in piedi. Chiede di poter parlare sul palco. È emozionato.

«Oggi si è parlato solo del post-sisma, che è molto facile. Il grande assente stasera è il pre-sisma, che è molto più difficile e che non si può ridurre a quello che ha detto Bertolaso. Io ho sentito cose parzialmente vere. Dottor Bertolaso, lei ha raccontato solo una parte di quella telefonata, ne manca un’altra, che è una mazzata. Io vorrei far sentire a tutti i presenti quell’intercettazione, se è d’accordo il dottor Bertolaso». Ma nessuna telefonata viene fatta sentire. Aumenta la tensione nell’aria. Il padrone di casa, il generale Gabriele Failla, prende la parola per provare a raffreddare gli animi: «Io rispetto profondamente chi ha sofferto ma, da uomo di diritto, penso che non sia opportuno riaprire un processo che ha avuto i suoi tempi e i suoi modi. Se è vero che celebrare il dopo è facile, celebrare il primo è inutile».

Poi Bertolaso risponde direttamente a Vittorini: «Io capisco i suoi sentimenti. Mi limito a ricordare la sentenza. Ho appena raccontato di aver rinunciato alla prescrizione». E Vittorini: «Lei non ha rinunciato alla prescrizione, quello è un atto che avrebbe dovuto fare in sede processuale. Lei la rinuncia non l’ha presentata. E infatti quando volevamo ricorrere in Appello ci è stato detto che era troppo tardi». La presentazione finisce. Le polemiche no. Come ormai accade da più di 16 anni.

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