Citazione in ritardo, imprenditore assolto

La Procura della Corte dei Conti chiedeva 2 milioni: Piccinini non dovrà risarcire nessun danno erariale

L’AQUILA. La citazione a giudizio di responsabilità è stata emessa oltre il termine di sessanta giorni fissato dalla legge. Per questo motivo l’atto è inammissibile e l’imprenditore Olivo Piccinini non dovrà risarcire alcun danno erariale.

Lo ha deciso la sezione giurisdizionale della Corte dei Conti (presidente Federico Pepe, relatore Gerardo de Marco, consigliere Elena Tomassini), pronunciandosi sul procedimento che lo scorso anno aveva comportato un sequestro conservativo ai danni dell’imprenditore. A far rilevare l’eccezione di inammissibilità è stato il difensore di Piccinini, l’avvocato Rodolfo Ludovici, durante l’udienza dello scorso marzo. La Procura della Corte dei Conti aveva chiesto un risarcimento per oltre due milioni.

La vicenda ha avuto inizio con la richiesta, da parte di Piccinini, di un contributo alla Regione nell’ambito di un bando comunitario riguardante interventi in favore delle imprese colpite dal sisma. In seguito la Finanza ha aperto un’inchiesta e Piccinini è stato rinviato a giudizio. Il procedimento è ancora in fase dibattimentale. Secondo le Fiamme gialle, il contributo sarebbe stato erogato indebitamente in quanto il denaro sarebbe stato utilizzato per recuperare un capannone concesso in locazione, e non per l’immobile che l’azienda utilizza per la sua attività di vendita al dettaglio. In estrema sintesi, secondo la tesi della Procura contabile, la Regione sarebbe stata indotta «maliziosamente in errore, facendo credere tra l’altro che l’immobile danneggiato dal sisma fosse quello in cui era esercitata l’attività di vendita al dettaglio, mentre quest’ultima attività era sempre stata esercitata in altro immobile, non danneggiato e utilizzato senza soluzione di continuità». La Procura, prima di emettere l’atto di citazione, ha chiesto e ottenuto il sequestro conservativo di due beni immobili di proprietà della società.

I legali della società e dell’imprenditore, hanno evidenziato, oltre all’inammissibilità del ricorso per la decadenza dei termini, anche la piena spettanza del contributo, «trattandosi», si legge nella sentenza, «del recupero di un immobile di proprietà dell’azienda, strumentale all’attività d’impresa ancorché locato, comunque pacificamente danneggiato dal sisma e riportato ad efficienza con il contributo erogato e correttamente speso e rendicontato; non vi sarebbe quindi stata nessuna appropriazione o distrazione di fondi pubblici rispetto alla loro finalità».

La difesa ha anche sostenuto che nella domanda di contributo e nelle relazioni tecniche era «espressamente e chiaramente indicata, senza possibilità di errore, la situazione delle varie attività svolte dalla società nei diversi immobili posseduti». (a.b.)

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