Di Orio: fui rassicurato e non chiusi l'ateneo

Grandi Rischi, il rettore spiega al giudice la sua scelta di lasciare aperta l'università

L'AQUILA. Il rettore Ferdinando di Orio è stato il protagonista della decima udienza del processo ai sette componenti della commissione Grandi rischi: per le sue dichiarazioni ma anche per una contestazione di cui è stato bersaglio da parte di un manipolo di giovani. Eppure l'udienza doveva essere imperniata sulla testimonianza dell'ex capo della Protezione civile Guido Bertolaso il quale ha fatto sapere che è fuori Italia e non torna prima del 15 gennaio. E, forse proprio per la prevista presenza di Bertolaso, i sette imputati di omicidio colposo per la prima volta c'erano tutti: Franco Barberi, Enzo Boschi, Giulio Selvaggi, Gian Michele Calvi, Claudio Eva, Mauro Dolce e Bernardo De Bernardinis.

Ma torniamo al rettore. «Anche io sono stato rassicurato», ha detto, «da quanto fu affermato dalla Commissione Grandi Rischi, anche perchè considero Barberi e Boschi autorità assolute in materia di terremoti. Per questo non ho convocato il Senato accademico per far chiudere l'Università, altrimenti l'Ateneo avrebbe potuto essere chiuso solo dal nuovo prefetto che in quel momento, se ricordo bene, ancora non era stato nominato». «Aggiungo», ha precisato l'ex senatore, «che tutte le altre scuole erano rimaste aperte e a maggior ragione poteva restare aperta l'Università dove gli alunni sono maggiorenni».

Di Orio voleva far partecipare alla commissione anche due esperti della sua istituzione. «Avevo proposto alla Protezione civile di far partecipare alla commissione anche i nostri docenti Gianluca Ferrini e Antonio Moretti», ha detto, «perchè sono dei profondi conoscitori della geologia del territorio aquilano e del comportamento sismico delle sue faglie. Ma la richiesta non è stata accolta in quanto mi venne detto che potevano farne parte soltanto determinate persone nominate dal ministero».

Mentre testimoniava il rettore alcuni giovani hanno cercato di proiettare su un maxi-schermo, nelle vicinanze del tribunale, un'intervista che egli rilasciò nei giorni precedenti al terremoto, in cui diceva «No a dannosi allarmismi per il sisma». L'intervento delle forze dell'ordine, però, ha impedito la proiezione, per la quale, da quanto si è appreso, era stata ingaggiata una ditta napoletana. L'accusa che molti studenti hanno rivolto al rettore è di non aver chiuso l'Ateneo, che nei crolli del 6 aprile 2009 ha perso 55 iscritti.

E' stata poi la volta della testimonianza del professore di geologia dell'Università Gianluca Ferrini. «Io non fui rassicurato dagli esiti del Commissione» ha detto «perchè ritenevo che lo sciame sismico in atto non fosse un normale e graduale rilascio di energia, essendo le scosse crescenti per intensità e frequenza. E poi perchè la storia sismica dell'aquilano ci dice che i terremoti distruttivi hanno fatto seguito proprio a prolungati sciami». Ferrini ha espresso perplessità sulle teorie di Giampaolo Giuliani e sulla possibilità di prevedere il terremoto basandosi sulla rilevazione del gas radon». La riunione della commissione Grandi Rischi del 31 marzo al centro della deposizione del dirigente regionale Altero Leone. «Si parlò dello sciame e nessuno di loro escluse la possibilità di una forte scossa». Questo uno dei passaggi chiave della testimonianza resa dal dirigente regionale della Protezione civile che ha smentito toni rassicuranti usati dai componenti della commissione Grandi rischi. Successivamente il testimone ha aggiunto che «ero preoccupato prima e preoccupato pure dopo», tanto che «volevo programmare, ma non c'è stato tempo, alcuni interventi sulle scuole».

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