Edilizia, aziende al collasso e operai da fuori regione

Alla ricostruzione aquilana partecipano soprattutto imprese non abruzzesi Nella Marsica calo preoccupante. Verrocchi (Cgil): ci vuole un tavolo di crisi

AVEZZANO. In edilizia, nella ricostruzione aquilana in particolare, prevale “lo straniero”, inteso come proveniente da fuori regione. E così le aziende (soprattutto quelle nostrane) in tutta la provincia aquilana sono in crisi. Ma il territorio che ne risente di più è quello marsicano. E se da una parte la ricostruzione sarebbe potuta essere un motivo di rilancio del settore, dall’altro sono sempre meno le imprese del nostro territorio, che lavorano in quello che è il cantiere più grande d’Italia. Dopo l’appello alle istituzioni da parte dell’Ance (Associazione nazionale costruttori edili) arriva ora quello della Fillea-Cgil.

«A partire dal 2008, in particolare negli ultimi due anni», commenta il segretario generale provinciale del sindacato, Emanuele Verrocchi, «abbiamo perso migliaia di posti di lavoro, con una drastica riduzione dei salari e la chiusura di centinaia di imprese. Contemporaneamente il settore ha visto una negativa trasformazione con l’incremento di lavoro irregolare, che ha ulteriormente danneggiato le imprese sane e i loro dipendenti». È vero che nel 2013 il numero di operai che hanno lavorato nell’edilizia della provincia dell’Aquila è cresciuto di 180 unità, ma questo dato non sarebbe positivo se numerose delle aziende fuori regione, che stanno lavorando alla ricostruzione aquilana, non avessero scelto di trasferire qui la loro sede legale. Considerando anche molti operai di fuori si sono trasferiti all’Aquila, scegliendo anche di prenderne la residenza.

«Circa il 40% degli operai è straniero», continua Verrocchi, «e oramai si assiste a una vera e propria guerra dei poveri. Tra imprese e tra gli stessi lavoratori. La ricostruzione aquilana sarebbe potuta essere un’occasione per risanare il settore con un lavoro di squadra, non solo tra le imprese della provincia, ma anche della regione, e invece così non è stato. Per tre motivi: in Abruzzo non c’è stata una legge regionale sulla ricostruzione, come invece è accaduto in Emilia Romagna; il tessuto delle imprese locali non era preparato a una mole così grande di lavoro, considerato ad esempio che circa l’80% delle imprese marsicane non ha più di cinque dipendenti. Cosicché ad avere la meglio sono state le imprese più strutturate. Infine, c’è da considerare quello che è diventato negli ultimi anni il mondo dell’edilizia: orari di lavoro non rispettati, uso sconsiderato della cassa integrazione, salari non pagati per mesi che costringono gli operai a mettersi in malattia per lunghi periodi, così da avere il pagamento dell’Inps. In più il lavoro in nero senza rispettare la sicurezza. A subire maggiormente questo sistema poi sono gli stranieri, maggiormente ricattabili e che per disperazione accettano il lavoro “grigio”. Invieremo la richiesta di un incontro al sindaco di Avezzano, Gianni Di Pangrazio, per chiedere di istituire un tavolo di crisi dell’edilizia, che informi sulle gare, sui tempi degli appalti e i contratti con le imprese. E di istituire un osservatorio permanente del settore, come quello già istituito alla Prefettura dell’Aquila».

Magda Tirabassi

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