Finisce all’asta la villetta della prigionia di Mussolini 

Prezzo base un milione, l’ex duce del fascismo vi fu tenuto per alcuni giorni  prima del trasferimento a Campo Imperatore dove poi fu prelevato dai nazisti 

L’AQUILA. La “villetta” a Fonte Cerreto sul Gran Sasso – dove fra il 28 agosto e il 2 settembre del 1943 fu tenuto prigioniero Benito Mussolini, che poi fu trasferito per motivi di sicurezza nell’albergo in quota a Campo Imperatore – è finita all’asta per una cifra di poco più di un milione. La notizia è stata pubblicata ieri sui quotidiani nello spazio dedicato alle vendite immobiliari. Nella struttura, va chiarito, è comunque operativo un ristorante, la locazione scade alla fine di novembre 2022 ed è prorogabile di sei anni in sei anni. Si tratta, quindi, di un edificio ancora in buone condizioni salvo alcune parti non utilizzate. L’immobile è da tempo entrato nell’immaginario degli aquilani, i quali, se decidono di dirigersi verso il Gran Sasso, più che “andiamo a Fonte Cerreto” dicono “andiamo alla villetta” che si trova a due passi dalla base della funivia. Il fatto che Mussolini fosse stato tenuto prigioniero alla “villetta” è poco noto. La “liberazione” del capo del fascismo da parte dei tedeschi il 12 settembre del 1943, grazie a un blitz da terra e dall’aria, ha finito per oscurare la permanenza, pur breve, del prigioniero a Fonte Cerreto.
LA STORIA. Mussolini fu fatto arrestare da Re Vittorio Emanuele III nel pomeriggio del 25 luglio del 1943 dopo la notte del Gran Consiglio che di fatto lo aveva sfiduciato. L’ormai ex duce fu portato prima in un alcune caserme di Roma, in seguito fu ristretto nell’isola di Ponza e poi alla Maddalena. A fine agosto 1943 si decise di portarlo sul Gran Sasso. La storia con molti dettagli inediti è raccontata nel libro “L’Aquila in guerra” del professor Walter Cavalieri, testo fondamentale per chi vuole conoscere gli eventi accaduti nell’Aquilano durante la Seconda guerra mondiale. La “villetta” era di proprietà di una signora romana, Rosa Conti vedova Mascitelli. Mussolini, si apprende dal libro di Cavalieri, trascorse i giorni alla “villetta” leggendo, scrivendo, ascoltando la radio – fornitagli dal tecnico della funivia Remo Lalli – e giocando a tressette, a briscola o a scopone con alcuni suoi custodi. La vigilanza era affidata a circa 150 tra carabinieri e agenti di polizia. La presenza dell’ex duce del fascismo, però, non passò inosservata. Un ricercatore di storia, Aldo Scimia, in una soffitta di una casa di Onna, scovò una ventina di anni fa il diario di Attilio Polverino, dipendente Unes (quella che oggi per noi è l’Enel), il quale fu chiamato dalle autorità il 27 agosto 1943 “ad allacciare”, si legge nel diario, “la luce al signore Benito Mussolini, villino Citoni senza contratto né ordine di allaccio”. Polverino fu il primo civile a conoscere quel “segreto”. Ai primi di settembre del 1943 all’Aquila però tutti o quasi sapevano che Mussolini era a Fonte Cerreto. Il 2 settembre nel pomeriggio (come ha ricostruito un altro storico abruzzese, Marco Patricelli, nel libro Operazione Quercia) si decise, per motivi di sicurezza, di portare l’ex duce nell’albergo di Campo Imperatore, la prigione più alta del mondo. Dopo la guerra, scrive ancora Cavalieri “la requisizione della villetta di Fonte Cerreto” come prigione per Mussolini “sarà causa di un lungo contenzioso fra la proprietaria e l’amministrazione dello Stato. A liberazione dell’Aquila avvenuta, la signora chiese la restituzione del suo immobile e un risarcimento danni. Infatti i tedeschi, dopo il blitz a Campo Imperatore, devastarono l’edificio e fu rubato di tutto”. In “L’Aquila in guerra” si legge che l’edificio “fu restituito alla legittima proprietaria il 16 ottobre 1944, ma la Prefettura non ritenne di doversi accollare il risarcimento per danni di guerra e corrispose solo una indennità di requisizione”. L’immobile nel tempo è passato di mano e ora è finito all’asta.
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