Grandi rischi, riparte il processo

Nei racconti dei testimoni il dramma della notte del sei aprile

L'AQUILA. Caratterizzato da testimonianze molto lucide e dettagliate sui drammi vissuti, ma in qualche caso anche condite da comprensibile rabbia, il processo alla commissione Grandi Rischi arriva domani alla settima udienza. E toccherà ancora ai testimoni dell'accusa riferire al giudice Marco Billi delle loro esperienze. Finora sono state sentite una ventina di persone delle 74 che il pm Fabio Picuti ha messo in lista per sostenere le accuse. Trecento in tutto i testimoni e tra questi ci saranno l'ex capo della Protezione civile, Sergio Bertolaso e Giuseppe Zamberletti padre della stessa istituzione. Sotto accusa per omicidio colposo plurimo i componenti della commissione Grandi Rischi accusati di avere rassicurato gli aquilani nella riunione del 31 aprile 2009 con messaggi tranquillizzanti sulla ipotesi di un forte terremoto. Poi, invece, fu la catastrofe. Una riunione forse indetta per contraddire le previsioni allarmistiche del sismologo Giampaolo Giuliani.

Finora le testimonianze sono state concordanti e tutte molto dure: «Ci hanno mandato sulla strada della morte» ha affermato un testimone invitando addirittura il pm a modificare l'imputazione da omicidio colposo a omicidio volontario». «Con quei messaggi», ha sostenuto un altro superstite alludendo alle trasmissione televisive, «ci hanno hanno anestetizzato le coscienze», oppure «siamo stati fuorviati dalle rassicurazioni di quei capoccioni».

Del resto tutto è partito da una denuncia dell'avvocato Antonio Valentini il quale nell'esposto ha posto un quesito: «visto che i terremoti non sono prevedibili su quali presupposti si è detto che il terremoto all'Aquila non ci sarebbe stato?». I testimoni sono stati chiamati a deporre da Picuti per dimostrare che prima della riunione essi e i loro parenti morti sotto le macerie fossero soliti uscire dalle loro abitazioni in caso di scosse mentre dopo le esternazioni delle commissine le abitudini cambiarono arrivando a sottovalutare i rischi. L'accusa ruota tutta lì.

La difesa, composta da navigatissimi avvocati, ha sempre cercato di far cadere in contraddizioni i testimoni evidenziando divergenze da quanto detto in istruttoria e quanto ripetuto in udienza.

L'intenzione è di dimostrare che almeno alcune di quelle affermazioni (di superstiti e parenti delle vittime) non rappresentino il frutto di condizionamenti causati dal messaggio della commissione, ma siano state confezionate negli studi legali che sostengono le parti lese. O che comunque le affermazioni dei commissari sono state male interpretate.

Gli imputati sono sette: Franco Barberi, Bernardo De Bernardinis, Enzo Boschi, Giulio Selvaggi, Gian Michele Calvi, Mauro Dolce e Claudio Eva. Nelle sei udienze finora celebrate De Bernardinis, originario di Ofena, quello che invitò gli aquilani e bere un «bicchiere di buon vino» è stato sempre presente. Alcune volte si sono visti Dolce e Boschi.

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