il caso

I love Univaq, la rettrice dell'Aquila con gli studenti: crea appartenenza

La Inverardi: “È solo una moda. Passerà. Ma esprime senso di appartenenza alla comunità dell’Ateneo"

L’AQUILA. Mentre continua la polemica tra docenti e studenti riguardo alla sfida hot “Escile”, a colpi di seni e addominali nudi con su scritto “I love Univaq”, sulle pagine “Spotted” di Facebook, le bacheche dove gli iscritti dell’Ateneo pubblicano delle segnalazioni più o meno serie, a prendere una posizione a favore dei giovani è la rettrice, Paola Inverardi, che “assolve” i ragazzi e spiega: «Non vedo un legame diretto con l’attività che fa l’Ateneo. Si tratta di ragazzi giovani, studenti. È una cosa che può essere anche di dubbio gusto soprattutto se vista con gli occhi di noi che abbiamo una certa età. Mi sembra però che non sia corretto dare a questa una eccessiva importanza, tanto più che si tratta di un fenomeno diffuso a livello nazionale».

Le origini di questa sfida a colpi di foto sono poco chiare: pare che tutto sia partito da una gara tra la Bocconi e il Politecnico di Milano. Una gara che poi ha coinvolto gran parte degli Atenei italiani. Il campo di battaglia? I social dove dalla pagine spotted degli atenei vengono pubblicate foto di generose scollature delle studentesse universitarie con tanto di nome dell’ateneo di appartenenza. Il tutto accompagnato dall’hashtag #Escile.

Ma non ci sono solo balconcini generosi da ammirare, ma anche lati b, muscoli e addominali universitari. Tanto per non perdere d’occhio anche la parità di genere. Il gioco sembra non essere piaciuto ad alcuni docenti aquilani tanto che avrebbero anche realizzato una pagina Facebook contro le foto osè dei ragazzi.

«È una moda partita in tutta Italia, anche trans genere, nel senso che sono coinvolte non solo le ragazze ma anche ragazzi», continua la Inverardi. «Non ritengo sia opportuno bacchettare i giovani. È una moda che avrà presto una fine».

Anzi la rettrice, foto osé a parte, vede anche del buono nel dilagare del fenomeno: «Mi sembra che comunque siano espressioni di appartenenza all’Ateneo. Non c’è tanto da scandalizzarsi. È una cosa fatta con un po’ di leggerezza, ma dimostra che le Università sono un forte polo di aggregazione e di identità. In fondo è un gioco di ragazzi ventenni. Mi sembra che si faccia molto rumore per nulla. È forse un elemento per riflettere quanto sia importante anche per loro far parte di una comunità e che ruolo svolge l’Università come luogo di crescita e formazione. Studiano, giocano, qualche volta faranno anche discorsi seri, ma è anche normale che ne facciano di più leggeri. La rettrice è dalla loro parte e, comunque, spera che vincano la battaglia con la vita».

Michela Corridore

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