Il governo declassa la città di Sulmona: è area intermedia

Il documento del Dipartimento per lo sviluppo economico L’economista Ronci: «Bisogna tornare polo d’attrazione»

SULMONA. Reparti ospedalieri declassati ad ambulatori, caserme militari chiuse da tempo, chiusure programmate per tribunale, uffici periferici di Asl, ex ministero delle Comunicazioni, presìdi di polizia e forestale.

È nella classificazione nazionale 2014 del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica che trova conferma il depauperamento già avviato dei servizi di Sulmona, declassata ad area interna intermedia e «costretta» a far riferimento ad Avezzano.

Il disegno nazionale dei poli di attrazione (centri d’offerta di servizi) segna il destino delle aree interne e il loro progressivo declino. In base a questo rigido schema i Comuni vengono classificati come aree interne di cintura se il tempo per raggiungere il polo di attrazione non supera 20 minuti; aree interne intermedie se il tempo è compreso tra 20 e 40 minuti; periferiche se si va dai 40 ai 75 minuti; ultra-periferiche se oltre i 75 minuti.

Lancia l’allarme su quella che sarà una progressiva e già avviata perdita di servizi Aldo Ronci, professionista sulmonese, autore di numerosi studi demografici ed economici. «Sulmona non è stata classificata come polo di attrazione, nonostante ne abbia i requisiti per la presenza di adeguati servizi di istruzione, salute e mobilità», fa notare Ronci. «Tale esclusione fa presagire un disegno tendente al depauperamento, in quanto le aree interne usufruiscono dei servizi accentrati nei poli di attrazione e per i quali si intendono adottare politiche di adeguamento della disponibilità di servizi nell’istruzione, nella sanità, nella mobilità e nella connettività virtuale (accesso a Internet)».

A dispetto dell’esclusione, secondo il professionista, non tutto sarebbe perduto, ma la soluzione risiederebbe nella coesione delle aree interne. «Da un lato bisogna operare per inserire la città, che ha un destino Comune con Lanciano e Vasto, tra i poli di attrazione», continua Ronci, «e dall’altro sollecitare la Regione affinché predisponga d’intesa con lo Stato una “strategia d’area regionale” attraverso l’individuazione di aree-progetto intercomunali nelle quali l’intercomunalità sia obbligatoriamente definita attraverso uno strumento giuridico (associazioni, unioni, fusioni)».

Dunque, anche per Ronci, il futuro sarebbe nell’unione dei territori interni e dei loro servizi. «La predisposizione del documento e la sua condivisione da parte dello Stato», conclude, «sono necessari per ottenere il sostegno finanziario necessario (programmi comunitari e legge di stabilità) e organizzativo della strategia nazionale per le aree interne, documento già predisposto dalla Liguria e dalla Lombardia».

Federica Pantano

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